La fedeltà alle proprie radici è anche fedeltà alle testimonianze storiche oltre che rispetto verso coloro che tali testimonianze hanno lasciato: esperienze certamente non riproponibili la cui ricchezza di umanità è però segno indelebile, fonte di ammirazione e non disprezzabile termine di confronto. (1995) Riccardo Ceccarelli

192 7.2A VITIVINICOLTURA

A – VITIVINICOLTURA

Il vino dei castelli, Massaccio, Monte Roberto, Maiolati, Castelbellino, era conosciuto non solo a Jesi perché non pochi proprietari dei terreni erano nobili jesini, ma anche in Ancona dove il vino veniva   commercializzato in tempo di pace e richiesto dalle truppe militari quando esse con una certa frequenza sostavano in porto o in città. Ai francesi che avevano scorrazzato per la Vallesina, specie da Monte Roberto a   Massaccio nei primi mesi del 1798, il vino che si produceva   su queste colline dovette essere stato particolarmente gradito, se, durante la loro permanenza in città, la Municipalità di Jesi, da loro sollecitala o per far loro una gradita “sorpresa”, richiese alle rispettive Municipalità di Monte Roberto, Maiolati   o Massaccio l’apertura di una cantina in Jesi. [19] ASCC, Repubblica Romana: lettere diverse, anno (1798-1799).   il governo pontificio aveva garantito il libero commercio   dei vini “tanto dentro   quanto fuori dello stato “Ecclesiastico”, perseguendo    coloro che esigevano “tangenti” (l’uso non è poi tanto nuovo!) nella concessione dei relativi permessi. [20] Cfr. Editto del Card. Azzolino del I settembre 1667 in ASCC, Editti e Bandi sec. XVII, riprodotto anastaticamente in appendice al volume II Verdicchio dei Castelli di Jesi, a cura di R. Ceccarelli, A. Nocchi, E. Stolfi, Città. di Castello 1991. Da una mentalità protezionistica del   Cinquecento, si pensava infatti che si dovesse   ostacolare l’esportazione dei generi di prima necessità, si passò nel Seicento ad una mentalità più pragmatica: di volta in volta il commercio veniva incentivato o sospeso a seconda sia della scarsità dei prodotti sia della necessità del denaro circolante. Editti in tal senso erano emanati dall’autorità centrale e dai governatori locali; si andava da una specie di liberismo assoluto a norme altrettanto restrittive in tempo di carestia fino ai divieti totali di esportazione emanati sotto Urbano VIII. [21] Cfr. Editto del Governatore Mons. Francesco Boncompagni del 7 gennaio 1676 in Ibidem. A. Nocchi, R. Ceccarelli, Editti e Bandi del sec. XVII, Cupra Montana 1986, p. 30. Caravale M., Caracciolo A., Lo stato Pontificio da Martino Va Pio IX, Utet, Torino 1978, pp. 427-428.