La fedeltà alle proprie radici è anche fedeltà alle testimonianze storiche oltre che rispetto verso coloro che tali testimonianze hanno lasciato: esperienze certamente non riproponibili la cui ricchezza di umanità è però segno indelebile, fonte di ammirazione e non disprezzabile termine di confronto. (1995) Riccardo Ceccarelli

Un’altra ‘coltivazione che tra la fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento ebbe una certa fortuna in territorio di Monte Roberto, fu quello del tabacco. Nello Stato Pontificio era stato introdotto a metà del Settecento; a Chiaravalle un primo laboratorio per la lavorazione delle foglie era stato realizzato nel 1759. La coltura si estese ben presto a tutta la media e bassa valle dell’Esino favorita dalla particolare conformazione dei terreni e dall’aumento del reddito agricolo che essa garantiva. [42] Pedrocco Giorgio, Coltivazione e manifattura del tabacco a Chiaravalle, in Nelle Marche Centrali, op. cit., vol. I, pp. 1395-1426. Cappelletti Sandra, Dalla Abbazia alla Manifattura – Le origini di Chiaravalle, Chiaravalle   1978, p, 90. A Monte Roberto se ne coltivava nella zona di Pianello, a valle di Rovegliano e nell’area di S. Apollinare.

Le foglie di tabacco si potevano consegnare   nei magazzini   della Fabbrica di Chiaravalle due volte all’anno, in primavera e in autunno: nel 1817, dal 4 febbraio   al 15 marzo e dal 26 settembre in poi, [43] Cfr. Notificazione della Delegazione Apostolica di Ancona del 3 febbraio e 14 novembre   1817, in ASCC, Editti Bandi Notifiche Avvisi Circolari (1814-1817). con una precisa ripartizione dei giorni per i coltivatori di ogni singolo paese a seconda del loro numero e della distanza a Chiaravalle, ad esempio nella primavera   del 1816 i coltivatori di Jesi, Monte Roberto e Maiolati    potevano consegnare dal 22 marzo al 12 aprile. [44] ASCC, Editti Bandi Notificazioni, VI (1815-1818), p. 108, notificazione del 31 gennaio 1816.  

Il   Governo conosceva già in dettaglio tutti i coltivatori, le denunce e la capacità produttiva delle rispettive piantagioni e faceva presente che “se alcuno dei coltivatori o detentori de detti Tabacchi osasse di convertire a proprio uso le foglie o venderle, o distrarle comunque, per eludere gli ordini del Governo, non isfuggirà alla nostra vigilanza la di lui frode”. Nel   trasportare le foglie a Chiaravalle   poi era necessario coprirle opportunamente     per non lasciarle disperdere e difendere dall’umidità. Nel 1849 il terreno assegnato per la coltivazione del tabacco in tutto il distretto di Jesi che comprendeva   il territorio di Jesi, Castelbellino, Castelplanio, Maiolati, Massaccio, Montecarotto, Monte Roberto, Morro, Monsano, Rosora e Staffolo era di 33 rubbia (61 ettari circa) con un numero    di piante coltivate pari a 1.056.000. [45] ASCC, Editti Bandi (1849).   Quello che si coltivava a Monte Roberto nella zona di Pianello era classificato di prima classe, quello di S. Apollinare e Rovegliano di seconda classe; all’interno di queste classi il tabacco poteva essere di prima, seconda e terza qualità, con prezzi diversi a seconda della classe e della qualità; ciò era stabilito da un disciplinare, diremmo oggi, di produzione, preciso e rigoroso. Eppure alla consegna delle foglie non sempre i ricevitori di Chiaravalle lo rispettavano, facendo “comparire qua tutti [i tabacchi] che provenivano da   Monte Roberto di cattiva qualità”, con di divergenze anche sul prezzo stabilito. Le lamentele venivano esternate al Sindaco che   provvedeva a vagliarle e a farle presenti alle competenti autorità. [46] ASCMR, Registro delle lettere (1808-1809), p. 153, n. 80 dell’8 marzo 1809.   Il toponimo Canapina o Calapina, come abbiano visto, lascia intendere che nella zona un tempo ci fossero coltivazioni di canapa. Nel secondo   decennio dell’Ottocento in un clima di ripresa agricola e di differenziazione delle colture (canapicoltura e linicoltura), venne proposto al Comune (“È il papa che lo desidera”) l’acquisto di   una “macchina     per lavorare   le canape    senza macerazione”; la proposta fu respinta dal Consiglio    Comunale in quanto, si osserva, “da noi la canapa non si coltiva affatto, o in pochissima quantità, cosa questa che rende inutile l’acquisto di una simile macchina”. [47] ASCMR, Consigli (1808-1827), p. 190, 19 settembre 1820} Per quanto riguarda gli allevamenti di pecore e l’incremento della produzione della lana, più di dieci anni prima, negli ultimi anni del Settecento, a seguito di una grande propaganda nei “dipartimenti”, ci furono ripetute importazioni di pecore “merinos”, [48] Caravale Mario, Caracciolo Alberto, op. cit., p. 602. si assicura che nel 1809 anche a Monte   Roberto “si incrociano le pecore con montare delle pecore spagnole per migliorare il gregge pecorino”. [49] Pedrocco Giorgio, Coltivazione e manifattura del tabacco a Chiaravalle, in Nelle Marche Centrali, op. cit., vol. I, pp. 1395-1426.   Cappelletti Sandra, Dalla Abbazia alla Manifattura – Le origini di Chiaravalle, Chiaravalle   1978, p, 90.  .