Categoria: Cultura

  • Scuola in Cina

    Dalla DAD all’OMO, un altro insegnamento è possibile

    20 Giugno 2021 3 minuti di lettura

    Il 15 marzo del 2020 dovevo partire per la Cina per iniziare il mio consueto semestre universitario. Insegno a Guangzhou da cinque anni, due corsi su etica e tecnologie emergenti con circa 45 studenti ognuno. Eravamo in piena pandemia e fino a due settimane prima non sapevo se l’università restava aperta, se dovevamo utilizzare una piattaforma online o se i corsi erano rimandati o addirittura cancellati. Conoscendo tutte le piattaforme a disposizione ero piuttosto tranquilla anche se non le avevo mai utilizzate per gestire due dozzine di persone in contemporanea. 

    Insegnare in Cina è un’esperienza notevole perché In materia di istruzione gli studenti sono più audaci e determinati di quelli occidentali. Si impegnano, sono esigenti e scrupolosi. Sono preparati e ti rispettano, come insegna il loro maestro Confucio. 

    In alcune scuole, gli allievi cominciano a imparare a memoria gli insegnamenti di Confucio fin da piccoli. “Tra i 2 e i 6 anni, la capacità di memorizzazione è eccellente. Noi piantiamo i semi della pietà filiale, del rispetto per gli insegnanti e della compassione”, ha detto il direttore di un asilo nel centro di Wuhan.nullPUBBLICITÀnullnull

    Ma non solo tradizione, le scuole cinesi adottano con entusiasmo anche l’intelligenza artificiale, come tecnologie di riconoscimento facciale, sistemi che gestiscono la sicurezza all’interno dei campus e software che registrano le presenze degli studenti. 

    D’altra parte gli sforzi della Cina per guidare l’IA inizia nella scuola. Nel febbraio 2019 nella città di Jinhua, nella provincia di Zhejiang, in una classe primaria entra un dispositivo per monitorare le onde cerebrali dei piccoli studenti: il brain scanner. Si utilizza al fine di migliorare la concentrazione e l’apprendimento degli alunni e di garantire gli insegnanti di identificare chi si distrae. Qualche mese dopo Supchina, una piattaforma americana di notizie incentrata sulla Cina pubblica l’immagine che ritrae i bambini in classe, seduti ai banchi, con il brain scanner ben visibile sulla fronte. La notizia suscita accese polemiche internazionali. Discutono genitori e professionisti dell’educazione, si impauriscono le famiglie, tanto che l’esperimento viene sospeso. 

    A prescindere dell’immagine inquietante, è necessario riflettere su come stare al passo con la tecnologia esponenziale applicata all’educazione. E’ possibile riformulare un sistema educativo utilizzando la tecnologia e salvaguardando il rapporto tra gli studenti, le sinergie con i professori e i valori morali che si imparano con l’esperienza? Possiamo gestire la tecnologia senza farci gestire da essa?

    Ho affrontato questa tematica con i miei allievi La figura dell’insegnante in carne ed ossa è determinante anche se il modello didattico tradizionale, sia in classe che virtuale, va completamente rivoluzionato. Le lezioni odierne “one size fits all”, una misura uguale per tutti, sono strutturate con poca o nessuna flessibilità e le piattaforme online sono sotto-utilizzate o spesso considerate solo come opportunità visive, come fornitrici di telecamera. Riusciremo ad integrare online e offline senza perdere i vantaggi dell’una o dell’altra soluzione?

    Se si considera che l’educazione online è molto più che un sostituto dell’insegnamento in classe, il cambiamento deve essere radicale. E’ necessario un approccio sistemico e il modello O-M-O, Online-Merge-Offline cinese puo’ forse ispirare una riforma didattica vincente. 

    Nei programmi O-M-O, i ruoli dell’insegnante (Chief Learning Facilitator) e dello studente (Active Learner) sono aggiornati e ridefiniti. L’insegnante deve conoscere profondamente la sua materia, deve avere una grande padronanza/conoscenza delle tecnologie d’insegnamento online e deve essere in grado di creare un’esperienza che sia stimolante, educativa e divertente. Lo studente deve essere dinamico, efficiente, disciplinato e deve saper sfruttare al meglio la ricchezza delle risorse a disposizione. Emerge anche una nuova figura, il Learning Facilitator, l’assistente, che ha un compito piu’ specifico di quello canonico dell’aiuto docente. Deve saper gestire piccoli gruppi di singoli studenti (non piu’ di sei) e controllare che siano sempre allineati e al corrente. Comporta un costo aggiuntivo ma questa figura garantisce il risultato finale. 

    Nel prossimo futuro le classi, in particolare modo quelle universitarie, saranno orizzontali, differenziate e interdisciplinari. Come possiamo raggiungere gli studenti con lezioni che siano coinvolgenti, pratiche, scalabili ed eventualmente personalizzate? Ci aiuterà sicuramente l’intelligenza artificiale, che utilizzando algoritmi di machine learning, sarà in grado di valutare il progresso scolastico di ogni studente e in tempo reale, selezionare e compilare i contenuti multimediali più rilevanti e adeguati ai suoi interessi, alla sua preparazione, alla sua storia personale.

    “Ci sforziamo di fornire ad ogni studente un Super Insegnante AI” afferma Squirrel AI, la società cinese più emergente nell’adaptive learning, l’insegnamento su misura. Il sistema sembra funzionare a meraviglia tuttavia il problema è che se non proteggiamo il ruolo dell’insegnante (umano) la tecnologia ci scalza anche in questo settore. Ben venga l’adaptive learning ma cerchiamo di —integrare, non di sostituire. 

    Anche perché Confucio dice che: “Se pensi in termini di un anno, pianta un seme; se in termini di dieci anni, pianta alberi; se in termini di 100 anni, insegna alla gente”.
    Vogliamo delegare l’educazione delle nuove generazioni ad un sistema, che il piu’ delle volte è ancora biased e pieno di pregiudizi?

  • Amo D’Alema in maniera viscerale, è l’unico che se ne frega dello spirito del tempo

    Guia Soncini: “Amo D’Alema in maniera viscerale, è l’unico che se ne frega dello spirito del tempo”

    Intervista alla scrittrice Guia Soncini: “Il lavoro si paga, meglio lui di Draghi che fa il premier gratis”

    Guia
    Guia Soncini

    A Massimo D’Alema è stato contestato l’incasso di 10 mila euro al mese da presidente della Fondazione dei Socialisti europei. Lui ha risposto: “Le mie prestazioni intellettuali valgono più di quel che mi hanno dato”. La scrittrice Guia Soncini ne ha parlato su Linkiesta. “Comunismo è dove non mi siedo io. Draghi impari il senso del capitalismo da D’Alema” è il titolo della sua rubrica. Le abbiamo chiesto di commentare la vicenda. “D’Alema ha fatto benissimo a prendere quei soldi. Poi ha usato la parola “prestazione” che sa subito di sesso, e fa molto ridere”. 

    D’Alema, dicendo “Alla Feps ero pagato meno del mio valore, è una vendetta politica”, ha aperto una questione per cui tutti hanno gridato allo scandalo.  Lei, nella sua rubrica “L’Avvelenata”, ha scritto del rapporto malato tra Italia e Capitalismo. 

    “In Italia abbiamo un rapporto complicato con i soldi, ma non siamo gli unici. L’altro giorno in un editoriale sul New York Times c’era scritto: “La mia generazione ha fallito perché l’obiettivo che c’eravamo preposti era l’eliminazione dei miliardari”. Prego? Ma come? Allora rivolete il comunismo, diceva Corrado Guzzanti. La verità è che anche il capitalismo più capitalista, cioè quello americano, è diventato apologetico come il nostro, pronto ad andar dietro a istanze poveracciste un po’ a caso. Un americano mi spiegava come gli americani abbiano smesso di essere quelli che desideravano fare carriera per comprare una limousine, per diventare quelli che alla limousine vorrebbero dare fuoco”.

    Si sono allineati?

    “Ci emulano in molte cose. Hanno avuto Trump dopo che in Italia abbiamo avuto Berlusconi. Ora si sono adeguati anche a questo rapporto contraddittorio che noi abbiamo con i soldi. Alla nostra stupidissima voglia di trovare il denaro una cosa brutta. Il sogno americano era diventare ricchi: se eri un ragazzino povero, pensavi a come risolvere i problemi che avresti avuto una volta diventato un adulto ricco. Oggi gli americani contestano i guadagni di Jeff Bezos”.

    D’Alema come Jeff Bezos? 

    “Dicono che non è giusto che Bezos guadagni non so quanti milioni di dollari al giorno [321, ndr] e che un magazziniere dei Amazon prenda 2mila dollari al mese. Certo è vero, c’è la disparità, la diseguaglianza, ma perché un imprenditore dovrebbe sbattersi, mettere su un’impresa, se non perché sa che se riuscirà, se non fallirà, guadagnerà uno sproposito? Senza considerare il fatto che un miliardario come Bezos i soldi li ridistribuisce anche”.

    E poi Amazon paga anche le tasse…

    “Oltretutto. Pensiamo anche alle varie accuse di elusione e di utilizzare tutti i buchi legislativi per pagarne meno possibile. Mica è colpa dei miliardari, ma di chi non tappa i buchi legislativi. Stiamo parlando di un Paese in cui i miliardi sono perlopiù fatti e non ereditati. È gente che si è sbattuta ed è arrivata a un traguardo. Ma che volete di più dalla vita. Tra l’altro credo che il fatto che i soldi non siano ereditati dalla famiglia crei una ulteriore ragione di ira sociale negli Usa. In Italia puoi sempre raccontarti che gli altri abbiano più successo di te perché sono raccomandati o hanno ereditato da papà. In un Paese in cui se cominci da un garage puoi diventare miliardario, è difficile dare la colpa agli altri”.  

    E così succede che D’Alema viene accusato di essere l’uomo dalle “scarpe milionarie”.

    “D’Alema è stato Fedez prima di Fedez. Quando noi diciamo al marito della Ferragni che non deve fare l’elemosina in Lamborghini, gli stiamo dicendo che avere una macchina da ricco è una cosa che ci offende. Non consideriamo che in quel modo fa lavorare gli operai della Lamborghini. L’Italia produce lusso: macchine, vestiti, vini buoni. Non produciamo componenti. Che sia D’Alema che si compra le scarpe fatte a mano o una barca, o Fedez che compra la Lamborghini, o io che mi compro una borsa costosa, tutti stiamo facendo lavorare il Made in Italy. Provvediamo come Bezos a far guadagnare l’operaio, che dello stipendio che discende dal lusso vive. In che modo il mondo sarebbe migliore se Fedez andasse in bicicletta?”.

    Nella rubrica su D’Alema scrive: “Quando lo spirito del tempo è particolarmente scemo, qualcuno deve trovare la forza di andare contro lo spirito del tempo. Di dire: non solo dovete pagarmi, ma anche bene”.

    “La cosa interessante è che essendo D’Alema novecentesco non si scusa. In un mondo in cui Mario Draghi rinuncia allo stipendio, Fedez si mortifica e dice venderò la Lamborghini, io amo D’Alema in maniera viscerale. Perché ormai hanno vinto loro, quelli delle polemiche dei social, e non c’è modo di sottrarsi. Perché oggi o ti scusi, ti spieghi, e fai tutte quelle cose che la Casa Reale inglese ordinava di non fare, ovvero mai scusarsi mai spiegarsi (“Never complain, never explain, never say I’m sorry”), oppure sei un mostro che non tiene conto dello spirito del tempo, del sentimento popolare. Gli americani dicono “Read the room”, Cerca di capire quello che vuole la stanza in cui entri. Ma sono gli americani senza personalità: Steve Jobs diceva che il compratore non sapeva cosa desiderava finché non glielo diceva lui. Non mi viene in mente nessuno che abbia combinato qualcosa di rilevante assecondando le folle”.

    D’Alema è uno dei pochi che non risponde al linguaggio del tempo

    “Non so dire se sia un aspetto del suo carattere oppure se può permettersi di farlo perché non ha più niente da perdere. Mi viene in mente solo un altro, nell’Italia di oggi, che si permetta di dire quello che vuole senza mai scusarsi: Fiorello. Se stai sui social oggi non puoi non rispondere. Decidere di fregarsene è una scelta possibile ma non per chi fa un mestiere che dipende dal consenso popolare, come l’attrice, il politico, o il marito dell’influencer”. 

    Nella tua rubrica oltre a citare Draghi che si taglia lo stipendio parli anche di Maria de Filippi che nel 2017 ha condotto il Festival di Sanremo gratis. 

    “Quello che nessuno dice è che i soldi sono come i filtri di Instagram. Se sei figa puoi non usarli perché sei perfetta anche con la luce imperfetta. Puoi rinunciare al denaro se ne hai che ti avanza. Per cui credo che sia la De Filippi sia Draghi non ne avessero semplicemente bisogno. Il problema è che il messaggio è sbagliato. È un messaggio di comodo. Senza compenso nessuno ti potrà dire: “Hai preso troppi soldi dalla Rai”. Credo sia questa una delle ragioni per cui Fiorello fa così poca televisione, per non sentirsi dire: “Ah, sei pagato fantastiliardi coi nostri soldi, e noi non arriviamo a fine mese”. Una persona normale, che sappia quanto vale il suo lavoro, non ha nessuna voglia di giustificarlo a una massa di incompetenti. Non deve spiegarlo all’utente di internet. Se il dirigente dell’azienda di comunicazione non vuole fare il Direttore Generale della Rai a 200mila euro è perché altrove gliene danno 600mila. Capisco che sembrino cifre enormi, ma il mercato esiste”.

    Il messaggio che passa è che chi non si fa pagare è bravo e dignitoso. Mentre se ti fai pagare sei avido e immorale. 

    “Ed è una cosa che vale soprattutto per le donne. Perché chiedere i soldi non è considerato femminile. Ed è colpa nostra, sia chiaro. Perché vogliamo essere seduttive. Ci interessa che quando usciamo da una stanza nessuno dica “quella stronza”. Chiaramente se chiedi più soldi ti diranno che sei una stronza. Ma probabilmente avrai avuto più soldi. Sarai stronza e contenta”. 

    Eppure molte non la pensano così. 

    “Ellen Pompeo, di Grey’Anatomy, ha chiesto più soldi per fare ulteriori stagioni di quello sceneggiato, glieli hanno dati, è diventata l’attrice più pagata della televisione americana. In un’intervista ha detto una cosa sacrosanta: “I soldi bisogna chiederli”. Ha ragione, perché nessuno dirà: “Ehi ragazza, pensavo di darti più soldi perché così mi costi di più”. Non è vero che le donne vengono pagate poco perché le aziende pensano che valgano meno degli uomini, vengono pagate meno perché non chiedono di essere pagate di più”.

    Non hanno capito che chiedere fa parte del lavoro?

    “Il voler essere simpatici è il problema delle donne e del divario salariale. Spesso si preferisce restare tranquille, non creare problemi, perché così si può tornare a casa appena il bambino ha la tosse all’asilo, invece di essere quelle che siccome vengono pagate tanto devono anche essere più responsabili”.

    A proposito di donne, parliamo del caso Aspesi. La giornalista di Repubblica ha detto che i morti in fabbrica sono un problema più grave del catcalling. È stata accusata di essere una cattiva femminista, proprio lei che ha fatto la storia del femminismo in Italia. Perché una cosa così condivisibile viene attaccata sui social?

    “Tra i commenti alla questione c’era gente che riferiva d’essere informata sulla sua carriera giacché aveva cercato cinque minuti prima la voce Aspesi su Wikipedia. Va benissimo non sapere niente, non si è tenuti a sapere tutto, però perché ne dibatti? Questo non mi è chiaro. È uno dei tanti meccanismi deliranti dei social. Il bello è che la Aspesi si rivolgeva a loro, a quelle che si occupano di body-positivity, catcalling sui social. E tutte loro, il giorno dopo, per far vedere che parlavano di cose davvero importanti, discettavano di Israele e Palestina, senza però saperne molto. Ho scritto una rubrica anche su questo, uno degli opinionisti di Instagram ha risposto che non ho capito quanto lui fosse un divulgatore, e che prima di fare un video su Israele e Palestina lui aveva studiato 12 ore. Quest’idea del corso intensivo da autodidatta, 12 ore per sapere tutto delle guerre in Medioriente, mi è sembrata davvero molto interessante”. 

    Per tornare a D’Alema, anche in questo caso gli utenti di internet si sono indignati.

    “Se fossi D’Alema andrei in Palestina con le scarpe fatte a mano e spargerei contanti sulla folla. Ma forse questa frase non si può scrivere senza che venga presa sul serio: dire “era una battuta” è ormai doveroso quasi quanto fingersi poveri. Dal punto di vista di D’Alema, poi, immagino non ci sia granché da ridere: è come se ti accusassero di rubare lo stipendio. Il problema non è il suo che ha ritenuto che le sue “prestazioni” andassero pagate, ma di quelli che lo hanno preceduto nel ruolo di presidente della Feps, e lo hanno fatto gratis. È il contesto che lo fa sembrare avido. Ma ripeto, perché uno dovrebbe lavorare senza essere pagato? La cosa che mi lascia stupita è questa massa indistinta che è quella che pretende che D’Alema lavori gratis, che la De Filippi lavori gratis, che si compiace che Alessandro Di Battista restituisca i soldi allo stesso modo di quando li restituisce Draghi. Questa è la stessa gente che fa la lagna sui social perché le offrono solo stage non retribuiti. È ora di fare pace con il cervello. Benedetti ragazzi, pensate davvero che un domani, dopo questa campagna per slegare il lavoro dai soldi, vi offriranno uno stage retribuito pagandovi con i soldi restituiti da Draghi e D’Alema?”.

  • L’ha detto Freud, io non ne ho colpa.

    La  folla  è  straordinariamente  influenzabile  e  credula,  manca  di  senso  critico,  niente  per  essa  è inverosimile.  Pensa  per  immagini  che  si  richiamano  le  une  alle  altre  per  associazione,  come  negli stati  in  cui  l’individuo  dà  libero  corso  alla  propria  immaginazione,  senza  che  un’istanza  razionale intervenga  a  giudicare  sul  grado  della  loro  conformità  alla  realtà.  I  sentimenti  della  folla  sono sempre molto semplici e molto esaltati. Essa non conosce né il dubbio né l’incertezza15.

    La  folla  giunge  subito  agli  estremi.  Un  accenno  di  sospetto  si  trasforma  immediatamente  in indiscutibile evidenza. Una semplice antipatia… diviene subito odio feroce16. Portata  a  tutti  gli  eccessi,  la  folla  è  influenzata  solo  da  eccitazioni  esasperate.  Chiunque  voglia agire  su  di  essa,  non  ha  bisogno  di  dare  ai  propri  argomenti  un  carattere  logico:  deve  presentare immagini dai colori più stridenti, esagerare, ripetere incessantemente la stessa cosa. Non avendo nessun dubbio su ciò che essa crede verità o errore, e con la chiara nozione della propria forza, la massa è tanto obbediente all’autorità  quanto  intollerante…  Sente  il  prestigio  della  forza,  ed  è  scarsamente  impressionata  dalla  bontà,  considerata  una  forma  di debolezza.

    Dai suoi eroi la folla esige la forza, persino la violenza. Vuole essere dominata e soggiogata e temere il suo padrone… Infatti la folla ha un irriducibile istinto conservatore e, come tutti i primitivi, un orrore inconscio per ogni innovazione o progresso e un illimitato rispetto per la tradizione. Se  ci  si  vuol  fare  un’idea  esatta  della  moralità  delle  folle,  si  deve  considerare  il  fatto  che  negli individui  riuniti  in  esse  sono  scomparse  tutte  le  inibizioni  individuali,  mentre  gli  istinti  crudeli, animaleschi,  distruttori,  residui  delle  epoche  primitive,  che  giacciono  nel  fondo  di  ciascuno,  si ridestano  e  cercano  la  propria  soddisfazione.

    (Sigmund Freud, Psicologia delle masse e analisi dell’Io, 1921)

  • Ci facciamo due risate?

    Ci facciamo due risate?

    Dove -Piazza delle Vittoria Pianello Vallesina lato Sapienza

    Quando -Gennaio 2021

    Come -Documentazione fotografica

    Cosa -Assembramento di n. 13 persone probabilmente anziane

    Chi -Una persona si è sentita in dovere di dare giudizi assennati sulla situazione.

    Scena -Tre gruppetti di persone per un totale di 13, distribuite nella piazza, lato SAPIENZA (ci tengo a

    sottolinearlo, visto che il lato MALIGNO è interdetto ormai da mesi), tutti con mascherina, tranne uno.

    Ci avrei fatto una risata, niente di male a sottolineare comportamenti presumibilmente pericolosi, poi mi sono accorto di un commento, che prendo come spunto per fare qualche considerazione.

    Consideriamolo “Humor inglese”, consideriamo che, per come è scritto, la maestra delle elementari si starà ancora chiedendo dove ha sbagliato, consideriamo che l’istat ha certificato una percentuale elevatissima di analfabeti di ritorno, consideriamo tutto, alla fine però resta il senso del messaggio che è spaventoso. Spaventoso perché ha trovato un paio di persone che si sono precipitate a comunicare che si stavano sbellicando dalle risate, spaventoso perché è transitato su gruppo privato che ha dei moderatori, spaventoso perché alla fine di questa pandemia, se tutto va bene, se il virus non muta, se non comincia a colpire altre fasce d’età, se arriviamo prima dell’estate a vaccinare quelli candidati alle “scarpe di cartone”, comunque sia, si conteranno almeno 100.000 morti. Erano anziani? si, avevano una speranza di vita limitata? certo, ma sarebbero vissuti almeno un altro anno, e questi ridono su 100.000 anni di vita mancata. Non è solo per i 100.000 anni, ma queste persone erano le ultime depositarie dei ricordi dei loro padri e dei loro nonni, morti da decenni, ma che continuavano a vivere in loro, nei loro racconti, nella loro saggezza e che scompaiono per sempre nell’oblio. Questi fanno battute su chi ha visto morire la mamma o il papà senza poterli salutare e sono stati privati di un altro anno di vita insieme a loro, augurano la morte ai loro compaesani, hanno trovato il posto giusto per poter esprimere impunemente le loro battute macabre. C’è qualcosa di profondamente immorale, di schifoso, è una mentalità che trovo anche in altri post e che non può essere liquidata con la solita battuta “so’ ragazzi”.

  • La Madre

    Primo Levi

    PRIMO LEVI: “…E venne la notte, e fu una notte tale, che si conobbe che occhi umani non avrebbero dovuto assistervi e sopravvivere. Tutti sentirono questo: nessuno dei guardiani, né italiani né tedeschi, ebbe animo di venire a vedere che cosa fanno gli uomini quando sanno di dover morire. Ognuno si congedò dalla vita nel modo che più gli si addiceva. Alcuni pregarono, altri bevvero oltre misura, altri si inebriarono di nefanda ultima passione. Ma le madri vegliarono a preparare con dolce cura il cibo per il viaggio, e lavarono i bambini, e fecero i bagagli, e all’alba i fili spinati erano pieni di biancheria infantile stesa al vento ad asciugare; e non dimenticarono le fasce, e i giocattoli, e i cuscini, e le cento piccole cose che esse ben sanno, e di cui i bambini hanno in ogni caso bisogno. Non fareste anche voi altrettanto? Se dovessero uccidervi domani col vostro bambino, voi non gli dareste oggi da mangiare?”

  • I vecchi

    I vecchi

    Senti quella pelle ruvida
    Un gran freddo dentro l’anima
    Fa fatica anche una lacrima
    A scendere giù
    Troppe attese dietro l’angolo
    Gioie che non ti appartengono
    Questo tempo inconciliabile gioca contro di te

    Ecco come si finisce poi
    Inchiodati a una finestra noi
    Spettatori malinconici
    Di felicità impossibili
    Tanti viaggi rimandati e giù
    Valigie vuote da un’eternità
    Quel dolore che non sai cos’è
    Solo lui non ti abbandonerà, mai
    Oh mai

    È un rifugio quel malessere
    Troppa fretta in quel tuo crescere
    Non si fanno più miracoli
    Adesso non più

    Non dar retta a quelle bambole
    Non toccare quelle pillole
    Quella suora ha un bel carattere
    Ci sa fare con le anime

    Ti darei gli occhi miei per vedere ciò che non vedi
    L’energia, l’allegria per strapparti ancora sorrisi
    Dirti sì, sempre sì e riuscire a farti volare
    Dove vuoi, dove sai senza più quel peso sul cuore
    Nasconderti le nuove, quell’inverno che ti fa male
    Curarti le ferite e poi qualche dente in più per mangiare
    E poi vederti ridere e poi vederti correre ancora
    Dimentica, c’è chi dimentica
    Distrattamente un fiore una domenica
    E poi silenzi
    E poi silenzi
    Silenzi

    Nei giardini che nessuno sa
    Si respira l’inutilità
    C’è rispetto, grande pulizia
    È quasi follia
    Non sai com’è bello stringerti
    Ritrovarsi qui a difenderti
    E vestirti e pettinarti, sì
    E sussurrarti non arrenderti
    Nei giardini che nessuno sa
    Quanta vita si trascina qua
    Solo acciacchi, piccole anemie
    Siamo niente senza fantasie

    Sorreggili, aiutali, ti prego non lasciarli cadere
    Esili, fragili non negargli un po’ del tuo amore
    Stelle che ora tacciono, ma daranno un senso al quel cielo
    Gli uomini non brillano se non sono stelle anche loro

    Mani che ora tremano perché il vento soffia più forte
    Non lasciarli adesso no, che non li sorprenda la morte
    Siamo noi gli inabili che pur avendo a volte non diamo
    Dimentica, c’è chi dimentica
    Distrattamente un fiore una domenica
    E poi silenzi
    E poi silenzi
    Silenzi