Categoria: Cultura

  • Che cos’è l’Ur-Fascismo?

    Che cos’è l’Ur-Fascismo?

     

     

    Spesso ci troviamo di fronte a personalità politiche, a singole proposte o a interi programmi che suscitano in noi accuse di “fascismo”, pur sapendo che nulla esse hanno a che fare con il fascismo storicamente inteso.

    E non solo il “fascismo” si riscontra in occasioni e in persone temporalmente distanti dal fu Partito Nazionale Fascista: nel corso della storia i detrattori ne hanno ritrovato le caratteristiche in ambiti geograficamente disconnessi.

    Scrive Umberto Eco nel suo saggio Il fascismo eterno (pubblicato come “Totalitarismo fuzzy e ur-fascismo” su La Rivista dei Libri, n°7/8 Luglio/agosto 1995):

    Perché un’espressione come “Fascist pig” veniva usata dai radicali americani persino per indicare un poliziotto che non approvava quello che fumavano? Perché non dicevano: “Porco Caugolard”, “Porco falangista”, “Porco ustascia”, “Porco Quisling”, “Porco Ante Pavelic”, “Porco nazista”?

    Eco parte da questa constatazione per tracciare una distinzione tra i tre principali regimi del Novecento: mentre il nazismo e lo stalinismo furono veri e propri totalitarismi, lo stesso non si può dire del fascismo italiano, il quale rimase una “semplice” dittatura.

    Un regime totalitario, per quanto liberticida e violento sia, è estremamente coerente nei confronti dell’ideologia da cui scaturisce e all’infuori della quale non è dato parlare. Non esiste pensiero fuori dall’unica, vera, filosofia che scorre in ogni angolo del corpo sociale.

    Il nazismo aveva un cuore anticristiano e neopagano, e un testo sacro completo, il Mein Kampf; Stalin fondò il suo regime sulla versione ufficiale del marxismo sovietico, il Diamat, essenzialmente materialista e ateo. Al contrario, il fascismo fu un regime estremamente incoerente e ideologicamente sgangherato, spiega Eco:

    Mussolini non aveva nessuna filosofia: aveva solo una retorica … fu il fascismo italiano a convincere molti leader liberali europei a un’alternativa moderatamente rivoluzionaria alla minaccia comunista … la parola “fascismo” divenne una sineddoche, una pars pro toto per movimenti totalitari diversi … Il fascismo era un totalitarismo fuzzy, un alveare di contraddizioni … nacque proclamando il suo nuovo ordine rivoluzionario ma era finanziato dai proprietari terrieri più conservatori.

    Inoltre, da convinto anticlericale qual era, in quegli anni Mussolini firmò i Patti Lateranensi e non disdegnava di farsi chiamare “l’uomo della Provvidenza”.

    Molti di quelli che diverranno intellettuali del Partito Comunista, dopo l’esperienza nelle fila dei partigiani per la liberazione, negli anni Trenta avevano trovato spazio nei Gruppi Universitari Fascisti. E questo non per contiguità ideologica o per tolleranza dei fascisti verso idee filosofiche o artistiche diverse (Eco cita l’esempio degli ermetici), quanto per l’incapacità dell’apparato intellettuale fascista di controllare e quindi censurare sul nascere fermenti ideologici differenti. La dissidenza veniva violentemente perseguita solo quando diventava socialmente pericolosa per il regime: da qui lo squadrismo con le sue aggressioni a sfondo politico, gli assassinii di Matteotti e dei fratelli Rosselli, il confino ad mortem di Gramsci, la soppressione della libertà di stampa, di associazione, lo smantellamento dei sindacati, il controllo governativo dei mass media e dell’attività legislativa del parlamento fino all’emanazione delle leggi razziali fasciste nell’agosto del 1938.

    In sintesi, «Ci fu un solo nazismo … al contrario, si può giocare al fascismo in molti modi». Il fascismo è una di quelle nozioni che, usando Wittgenstein, indica una serie di attività accomunate da qualche “somiglianza di famiglia”. È quello che accade alla nozione di gioco. Tra le configurazioni possibili, sopravvive una «lista di caratteristiche tipiche» di quello che Eco chiama «Ur-Fascismo o “fascismo eterno”».

    1. Tradizionalismo o culto della tradizione: il fascismo utilizza un approccio sincretistico alla cultura che mette sullo stesso piano conoscenze, anche contraddittorie tra loro, che alludono a una qualche verità primitiva. Il tradizionalismo impedisce così qualsiasi avanzamento del sapere.

    2. Anti-modernismo: l’ideologia del sangue e della terra (Blut und Boden) condanna la Ragione celebrata invece dall’illuminismo.

    3. Irrazionalismo: l’Ur-Fascismo ammira l’azione per l’azione, senza riflessione alcuna. La cultura e il mondo intellettuale sono perciò visti con sospetto (ricordiamo il tradizionalismo).

    4. Anti-criticismo: un approccio sincretistico, teso a racchiudere nello stesso concetto di verità immagini eterogenee tra loro, non tollera le distinzioni operate naturalmente dallo spirito critico. «Per l’Ur-Fascismo, il disaccordo è tradimento».

    5. Le distinzioni operate dallo spirito critico sulla realtà danno forma al diverso. Il fascismo eterno, opponendosi al criticismo, è quindi essenzialmente xenofobo e razzista.

    6. Timore per la pressione delle classi subalterne: l’Ur-Fascismo si appella alla frustrazione della classe media e fa leva sul suo horror proletariati.

    7. Complottismo od ossessione del complotto: intimamente legato alla xenofobia (paura del diverso), storicamente si traduce nel nazionalismo dei regimi fascisti. L’ossessione del complotto come strumento di governo individua anche nemici interni allo stato (gli ebrei ne sono il modello).

    8. Incapacità di valutare la forza del nemico: la psicologia fascista alterna senso di umiliazione nei confronti del nemico, troppo forte, alla convinzione della propria superiorità su un nemico in realtà infinitamente più debole. «I fascismi sono condannati a perdere le loro guerre».

    9. Guerra permanente e “vita per la lotta” da cui dedurre una soluzione finale che porti a una pacificata Età dell’Oro, concetto che contravviene però, alla vita come eterna guerra.

    10. Elitismo: l’Ur-Fascismo disprezza i deboli. Storicamente però, dovendo attirare le masse popolare, l’elitismo si è manifestato nel provincialismo dei regimi fascisti.

    11. Eroismo e culto per la morte. Troppo bonario per sognare di morire e per vivere continuamente di lotta, il fascista nel suo quotidiano ripiega su un più semplice

    12. Machismo. Che poi indica una ben più banale invidia penis.

    13. Populismo “qualitativo”: secondo Eco, il fascismo utilizza il concetto di popolo come «entità monolitica che esprime la volontà comune (e non “generale”, aggiungiamo noi)». Da questo populismo comprendiamo l’anti-parlamentarismo e il disinteresse verso la maggioranza. «Nel nostro futuro si profila un populismo qualitativo TV o Internet, … l’Ur-Fascismo deve opporsi ai “putridi” governi parlamentari».

    14. Neolinguismo: per neolingua si intendono alcuni impieghi strumentali del linguaggio e dello studio, impiegati a sostegno del potere costituito. L’Ur-Fascismo promuove l’ignoranza e disprezza il ragionamento, caratteristiche riscontrabili tanto nei talk-show televisivi berlusconiani quanto nel «lessico semplice ed elementare dei testi scolastici nazisti e fascisti».

    La lista qui sopra dà corpo storico alla tesi di Eco secondo cui il fascismo non è un regime totalitaristico, poiché impiega queste caratteristiche senza rispettare uno schema ideologico coerente, disponendone con lo scopo del rafforzamento del proprio potere sull’ordine sociale . Può aiutarci a escludere politici vecchi e nuovi che si ripresentano nella corsa al potere. Con l’augurio di un buon voto.

  • La lezione di Pareto. La politica senza élite non è vera politica

    La lezione di Pareto. La politica senza élite non è vera politica

    L’ingegnere-economista ci ha insegnato che l’essenza della democrazia (assieme al popolo) è la classe dirigente. Più che mai assente oggi in Italia…

    E se il difetto fosse nel manico? Se il problema fosse nella democrazia che non seleziona e non riconosce classi dirigenti ma solo demagoghi, istrioni o emissari dei «poteri forti»? Da anni il dibattito politico è inchiodato all’alternativa tra populismo e democrazia dei partiti, tra presidenzialismo e parlamentarismo.

    Il populismo è una risposta, a volte rozza, spesso semplificatrice, al deficit di sovranità, di politica e di democrazia delle società globali sempre più dominate dalle oligarchie. Ma il populismo, come le oligarchie di partito o d’affari, lascia degenerare un processo necessario a ogni società: la formazione e la circolazione delle élite. S’interrompe la selezione delle classi dirigenti, tutto è affidato agli umori della piazza, al fascino seducente dei leader o all’opposto agli interessi forti tutelati dalle oligarchie, siano esse finanziarie, tecniche o partitocratiche. Da decenni si è spezzato il circuito rigenerativo delle élite.

    L’Italia non forma da anni classi dirigenti e negli ultimi tempi, per restare alla distinzione di Gramsci, non ha più nemmeno una vera e propria classe dominante. Chi domina, bene o male, si occupa dei dominati, li opprime ma li comanda. Da alcuni anni, invece, la classe dominante si è fatta classe sovrastante; cioè vive al di sopra e al di fuori del Paese, non si assume precise responsabilità di comando, nemmeno nel segno della dominazione. Si estranea, non coopta nuove energie, preferisce diminuire i rapporti con la plebe, lascia che un ceto medio sempre più vasto si proletarizzi e sprofondi nel disagio del benessere calante e si ritira in un mondo inaccessibile. La degenerazione è dunque doppia: da classe dirigente a classe dominante e da questa a classe sovrastante. Chi si occupa delle sorti del Paese, quali sono i luoghi in cui si formano le classi dirigenti e si premiano le eccellenze? Processi sempre più anonimi, impersonali, poteri opachi e remoti, flussi e logaritmi. Né si delinea alcun blocco storico e sociale in ascesa. Il flusso vitale è interrotto. Non c’è né il lento e continuo mutarsi senza dissolversi della classe dirigente di cui parlava il conservatore Gaetano Mosca né la lotta tra due élite concorrenti di cui parlava il più audace Vilfredo Pareto (1848-1923). Mosca, Pareto e Michels sono noti come machiavellans . Al pari di Machiavelli si attengono al realismo, ritengono invariabile la natura umana sotto l’egida della necessità, della virtù e della fortuna; si governa con la forza e con l’astuzia. Per loro anche le democrazie sono guidate da minoranze attive, non è mai esistito un governo del popolo; la sovranità è sempre nelle mani di pochi, la storia è un cimitero di aristocrazie e la lotta politica è una competizione tra élite in ascesa e in declino. Una società è sana e vitale se riconosce e promuove le élite al potere e la loro circolazione.

    Degli autori citati, Pareto ha lo sguardo più ampio e più lungo, da economista e da sociologo, oltre che da osservatore della storia e della politica, dei caratteri e dei personaggi. Cent’anni fa scrisse la sua opera capitale, il Trattato di sociologia , che però vide la luce a guerra inoltrata, quando alcune delle sue previsioni si stavano già avverando: in Russia, in Italia e nel resto d’Europa. La sua lezione sull’impossibile autodirezione delle masse ebbe allievi diversi come Lenin e Mussolini, ma anche Gramsci e Gobetti. Si racconta che i due leader si siano sfiorati solo una volta nella vita, a Losanna, seguendo le lezioni di Pareto. Partendo da un giovanile socialismo e poi un disilluso liberismo, Pareto si accorse che le ideologie erano gusci vuoti senza due ingredienti essenziali: la forza e il mito. Qui Pareto combacia con un altro filosofo che accomunò Mussolini e Lenin, ma anche Gramsci e Gobetti: Sorel.

    Pareto e Sorel, due ingegneri convertiti alla storia delle idee. Il mito di Sorel è lo sciopero generale, il mito di Pareto è la nazione. Pareto fu definito il Karl Marx del fascismo; incoraggiò Mussolini al tempo della Marcia su Roma («Ora o mai più»), scrisse sulla rivista mussoliniana Gerarchia e rappresentò l’Italia fascista alla Società delle Nazioni, ma morì troppo presto – il 1923 – per vedere il seguito. Cent’anni fa polemizzò con Maffeo Pantaleoni sugli esiti del conflitto mondiale: Pareto sosteneva che avrebbe favorito rivoluzioni socialiste, Pantaleoni che avrebbe rilanciato lo spirito patriottico. Ebbero ragioni entrambi perché sorsero il bolscevismo e il fascismo, dopo il biennio rosso. Pareto colse nella storia residui e derivazioni. I primi sono fattori non logici ma persistenti, le seconde sono invece la loro rielaborazione logica. Tra i residui spiccano due impulsi opposti: l’istinto delle combinazioni che produce dinamismo e mix innovativi e la persistenza degli aggregati che induce a permanere negli assetti precedenti. Ambedue le spinte sono necessarie in ogni società per garantire equilibrio tra continuità e novità ma oggi ci sembrano entrambi carenti. Deficit di tradizione e di innovazione. Ci sono anche i residui sessuali sui quali si erige il mito virtuista col suo puritanesimo sessuofobo, che Pareto sferza con sagacia.

    Dietro ogni teoria c’è la lotta per la conquista del potere: l’uguaglianza, ad esempio, è un mito che serve prima per rovesciare le classi superiori, poi per affiancarle e infine sottometterle alle classi in ascesa, istituendo così nuove diseguaglianze. La storia e la società sono mosse dal conflitto incessante tra élite che detengono il potere e le altre che vogliono subentrarvi. Anche la democrazia è succube di questa tensione e non c’è suffragio universale che non celi un passaggio di potere da una minoranza a un’altra. La stagnazione uccide i regimi almeno quanto il vorticoso turnover delle élite. Ma è impensabile che una società possa sopravvivere senza classi dirigenti. Da qui la necessità di ripensare alle aristocrazie come a una priorità assoluta per una società che procede con piloti automatici, rotte prestabilite dalla tecno-economia e leader politici ridotti a livello di guitti e animatori, steward e hostess. Si tratta di ripristinare i circuiti in cui si formano le élite – scuole, laboratori, palestre – e i luoghi, il clima, la cultura in cui si riconoscono meriti, qualità e capacità.

    Nella politica come nella società urge ripartire dalle classi dirigenti. Non c’è capo, demos o sistema di leggi che possa compensare la mancanza di élite alla guida del Paese. Pareto lo aveva capito già prima dell’avvento della democrazia globale di massa. Anche una democrazia senza élite è decapitata e destinata a morire, al pari di una democrazia senza popolo.

  • Più di cento anni fa… un visionario o un veggente?

    Più di cento anni fa… un visionario o un veggente?

    “L’uomo del futuro avrà solo un modesto interesse di conoscere come sono vissuti gli uomini del passato, ma avrà bensì una continua smania di sapere come vivono e cosa fanno in ogni momento gli altri uomini del suo tempo in tutto il pianeta. E attraverso l’uso dell’elettronica avrà i mezzi a disposizione per essere continuamente informato in ogni istante”.

     Filippo Tommaso Marinetti.

  • LA TEORIA DELLE FINESTRE ROTTE

    LA TEORIA DELLE FINESTRE ROTTE

    “Teoria delle finestre rotte”

    Servizio Pubblico – Gianrico Carofiglio illustra la “Teoria delle finestre rotte” from Roma fa schifo on Vimeo.

    Nel 1969, presso l’Università di Stanford (USA), il professor Philip Zimbardo ha condotto un esperimento di psicologia sociale. Lasciò due auto abbandonata in strada, due automobili identiche, la stessa marca, modello e colore. Una l’ ha lasciata nel Bronx, quindi una zona povera e conflittuale di New York ; l’altra a Palo Alto, una zona ricca e tranquilla della California. Due identiche auto abbandonate, due quartieri con popolazioni molto diverse e un team di specialisti in psicologia sociale, a studiare il comportamento delle persone in ciascun sito.

    Si è scoperto che l’automobile abbandonata nel Bronx ha cominciato ad essere smantellato in poche ore. Ha perso le ruote, il motore, specchi, la radio, ecc. Tutti i materiali che potevano essere utilizzati sono stati presi, e quelli non utilizzabili sono stati distrutti. Dall’altra parte , l’automobile abbandonata a Palo Alto, è rimasta intatta.

    È comune attribuire le cause del crimine alla povertà. Attribuzione nella quale si trovano d’accordo le ideologie più conservatrici (destra e sinistra). Tuttavia, l’esperimento in questione non finì lì: quando la vettura abbandonata nel Bronx fu demolita e quella a Palo Alto dopo una settimana era ancora illesa, i ricercatori decisero di rompere un vetro della vettura a Palo Alto, California. Il risultato fu che scoppiò lo stesso processo, come nel Bronx di New York : furto, violenza e vandalismo ridussero il veicolo nello stesso stato come era accaduto nel Bronx.

    Perchè il vetro rotto in una macchina abbandonata in un quartiere presumibilmente sicuro è in grado di provocare un processo criminale?

    Non è la povertà, ovviamente ma qualcosa che ha a che fare con la psicologia, col comportamento umano e con le relazioni sociali.

    Un vetro rotto in un’auto abbandonata trasmette un senso di deterioramento, di disinteresse, di non curanza, sensazioni di rottura dei codici di convivenza, di assenza di norme, di regole, che tutto è inutile. Ogni nuovo attacco subito dall’auto ribadisce e moltiplicare quell’idea, fino all’escalation di atti, sempre peggiori, incontrollabili, col risultato finale di una violenza irrazionale.

    In esperimenti successivi James q. Wilson e George Kelling hanno sviluppato la teoria delle finestre rotte, con la stessa conclusione da un punto di vista criminologico, che la criminalità è più alta nelle aree dove l’incuria, la sporcizia, il disordine e l’abuso sono più alti.

    Se si rompe un vetro in una finestra di un edificio e non viene riparato, saranno presto rotti tutti gli altri. Se una comunità presenta segni di deterioramento e questo è qualcosa che sembra non interessare  a nessuno, allora lì si genererà la criminalità. Se sono tollerati piccoli reati come parcheggio in luogo vietato, superamento del limite di velocità o passare col semaforo rosso, se questi piccoli “difetti” o errori non sono puniti, si svilupperanno “difetti maggiori” e poi i crimini più gravi.

    Se parchi e altri spazi pubblici sono gradualmente danneggiati e nessuno interviene, questi luoghi saranno abbandonati dalla maggior parte delle persone (che smettono di uscire dalle loro case per paura di bande) e questi stessi spazi lasciati dalla comunità, saranno progressivamente occupato dai criminali.

    Gli studiosi hanno risposto in una forma più forte ancora, dichiarando che l’incuria ed il disordine accrescono molti mali sociali e contribuiscono a far degenerare l’ambiente.

    A casa, tanto per fare un esempio, se il capofamiglia lascia degradare progressivamente la  sua casa, come la mancanza di tinteggiature alle pareti che stanno in pessime condizioni, cattive abitudini di pulizia, proliferazioni di cattive abitudine alimentari, utilizzo di parolacce, mancanza di rispetto tra i membri della famiglia, ecc, ecc, ecc. poi, anche gradualmente,  cadranno anche la qualità dei rapporti interpersonali tra i membri della famiglia ed inizieranno a crearsi cattivi rapporti con la società in generale. Forse alcuni, perfino un giorno, entreranno in carcere.

    Questa teoria delle finestre rotte può essere un’ipotesi valida a comprendere la degradazione della società e la mancanza di attaccamento ai valori universali, la mancanza di rispetto per l’altro e alle autorità (estorsione e le tangenti) , la degenerazione della società e la corruzioni  a tutti i livelli. La mancanza di istruzione e di formazione della cultura sociale, la mancanza di opportunità, generano un paese con finestre rotte, con tante finestre rotte e nessuno sembra disposto a ripararle.

    La “teoria delle finestre rotte” è stata applicata per la prima volta alla metà degli anni ottanta nella metropolitana di New York City, che era divenuto il punto più pericoloso della città. Si cominciò combattendo le piccole trasgressioni: graffiti che deterioravano il posto, lo sporco dalle stazioni, ubriachezza tra il pubblico, evasione del pagamento del biglietto, piccoli furti e disturbi. I risultati sono stati evidenti: a partire della correzione delle piccole trasgressioni si è riusciti a fare della Metro un luogo sicuro.

    Successivamente, nel 1994, Rudolph Giuliani, sindaco di New York, basandosi sulla teoria delle finestre rotte e l’esperienza della metropolitana, ha promosso una politica di tolleranza zero. La strategia era quella di creare comunità pulite ed ordinate, non permettendo violazioni alle leggi e agli standard della convivenza sociale e civile. Il risultato pratico è stato un enorme abbattimento di tutti i tassi di criminalità a New York City.

    La frase “tolleranza zero” suona come una sorta di soluzione autoritaria e repressiva, ma il concetto principale è più prevenzione e promozione di condizioni sociali di sicurezza. Non è questione di  violenza ai trasgressori, né manifestazione di arroganza da parte della polizia. Infatti, anche in materia di abuso di autorità, dovrebbe valere la tolleranza zero. Non è tolleranza zero nei confronti della persona cher commette il reato, ma è tolleranza zero di fronte al reato stesso. L’idea è di creare delle comunità pulite, ordinate, rispettose della legge e delle regolei che sono alla base della convivenza  umana in modo civile e socialmente accettabile.

    È bene di tornare a leggere questa teoria e di diffonderla .

    La soluzione a questo problema io non c’è l’ho, caro lettore, ma io ho iniziato a riparare le finestre della mia casa, sto cercando di migliorare le abitudini alimentari della mia famiglia, ho chiesto a tutti i membri della famiglia di evitare di dire parolacce, sopratutto davanti ai nostri figli, inoltre abbiamo deciso di non mentire, di evitare persino le piccole bugie, perché non c’è nessuna piccole bugie,la bugia non è grande o piccola, UNA BUGIA è UNA BUGIA E BASTA

    Abbiamo concordato di accettare le conseguenze delle nostre azioni con coraggio e responsabilità, ma soprattutto per dare una buona dose di educazione ai nostri figli.

    Con questo ho la speranza di cominciare a cambiare in qualcosa che prima sbagliavo. Il mio sogno è che i miei ripetano tutto questo in modo che un domani i figli dei miei figli o i loro nipoti possano vedere un nuovo mondo, UN MONDO SENZA FINESTRE ROTTE.

    SE SEI D’ACCORDO CON LA TEORIA DELLE FINESTRE ROTTE, FAI SEMPLICEMENTE GIRARE QUESTA E-MAIL IN MODO CHE OGNI GIORNO SIANO DI PIU’ QUELLI CHE VOGLIONO DARE UNA MANO AL MIGLIORAMENTO DELLA NOSTRA SOCIETA’.