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  • I 4 valori più importanti da trasmettere ai vostri figli

    I 4 valori più importanti da trasmettere ai vostri figli

    È molto importante che i bambini imparino che non sono superiori a niente e a nessuno, che non va bene vantarsi di fronte agli altri di quello che si ha o di come si è.

    I 4 valori più importanti da trasmettere ai vostri figli

    Educare un figlio è uno dei compiti più importanti dell’essere umano. Se siete padri, madri, nonni o professori è fondamentale che vi chiediate quali valori insegnare ai più piccoli.

    Nel nostro spazio vi suggeriamo di prendere in considerazione questi quattro valori.

    1. L’empatia

    Bambina annusa fiore

    Mettersi nei panni degli altri è fondamentale. Questo è il modo migliore perché possano acquisire una conoscenza di sé stessi e degli altri vivendo nel rispetto, con felicità e armonia. Imparare ciò che potrebbe fare del male agli altri o che cosa non bisogna fare per evitare di farne a chi li circonda è, senza dubbio, un valore eccezionale.

    L’empatia permetterà ai bambini di avere veri amici, di rispettare i loro partner nel futuro e di essere felici con loro. Comprendere che gli altri provano paura, felicità, angoscia, timore o vergogna è un modo di migliorare la convivenza.

    2. L’umiltà

    Bambina nel prato

    È molto importante che i bambini imparino che non sono superiori a niente e a nessuno, che non va bene vantarsi di fronte agli altri di quello che si ha o di come si è.

    L’umiltà aiuta ad essere più felici perché ci si abitua ad apprezzare le cose più semplici ed elementari, quelle che in fondo sono le più importanti nella vita.

    Vivere con un atteggiamento umile permetterà ai vostri figli e figlie di avere una visione più reale delle cose e di chi li circonda.

    Per questo evitate sempre di riempirli di regali, non soddisfate tutti i loro desideri, mostrate loro che nella vita tutto richiede uno sforzo e che le cose più piccole, che non hanno prezzo, sono le più importanti.

    Essere umili è un valore indispensabile che non sempre viene trasmesso quando si educano i più piccoli. Perché non provarci?

    3. L’impegno: uno dei valori più importanti

    Creatività bambini

    L’impegno è un valore che i bambini devono sviluppare con il tempo, ma che bisogna inculcare già da piccoli.

    Con questo impareranno a essere sempre più maturi e responsabili. Impegnarsi nelle cose li aiuta a essere migliori man mano che crescono e che maturano.

    Impegnarsi nello studio, in famiglia e con gli amici crea legami e possibilità. Insegnate loro che ci sono cose importanti per cui lottare e sforzarsi, per cui essere responsabili e migliorare. Ad esempio, bisogna far vedere ai figli che le parole hanno un valore e che l’impegno è fondamentale come l’entusiasmo.

    4. Il valore dell’autostima

    Mamma e bambina ballano

    L’autostima è uno dei valori imprescindibili, che bisogna rafforzare nei bambini già dai primi anni. Appoggiateli, elogiateli, congratulatevi per quello che fanno bene e date loro consigli su come correggere ciò che sbagliano.

    Infondete loro coraggio mostrando quanto sono bravi e quanto li amate, spronateli ad avere fiducia in sé stessi, comprendendo che sbagliare non è un male e che con sforzo possono ottenere qualsiasi cosa.

    Una persona che gode di buona autostima è una persona forte, a cui nessuno può far del male, una persona che mantiene l’entusiasmo e che alimenta l’idea di essere felice giorno dopo giorno, perché se lo merita e perché glielo avete insegnato.

    Ricordate che per far sì che questi valori vengano trasmessi dovete essere i primi a dare l’esempio. Siate coerenti, saldi e mantenete sempre l’entusiasmo e l’affetto verso di loro.

  • Dopo 2 anni di Covid-19, chi aveva ragione, i novax o chi si è vaccinato?

    Dopo 2 anni di Covid-19, chi aveva ragione, i novax o chi si è vaccinato?

    Mi piacerebbe che le persone si trovassero d’accordo almeno su una cosa: l’importanza delle fonti.

    Per due anni ho inondato Quora di studi pubblicati su Nature, Science, Lancet, NEJM e chi più ne ha più ne metta. Si tratta di una infinitesima porzione degli articoli scientifici pubblicati in merito alla pandemia e che io stesso, insieme ai colleghi, ho riassunto in un metastudio che ne analizzava oltre 17000

    [1]. Si tratta di studi su riviste scientifiche internazionali, che analizzano dati provenienti da tutto il mondo. Ogni studio ha superato la revisione paritaria ed è stato posto al vaglio della comunità scientifica tramite pubblicazione su riviste specializzate frequentate da addetti ai lavori.

    Poi vai su Internet e leggi “Galli ha detto che si è pentito di fare il vaccino”, e gente che si azzuffa su una dichiarazione rilasciata durante un’intervista, capita male, e rimbalzata da blog, webmagazine e quotidiani di dubbia serietà, il tutto rigorosamente prodotto, masticato e digerito da e per italiani che tentano di capire un fenomeno mondiale osservandolo dal buco della serratura di sitarelli di provincia. Ora, il punto non è che la notizia sia l’ennesima bufala

    [2], il punto è il livello del dibattito. È come se a un simposio sulla meccanica quantistica arrivasse Pierino a scorreggiare al microfono dicendo che “col fischio o senza è tutta una scemenza” e i giornali pubblicassero a strascico le sue tesi ignorando del tutto gli studi di Heisenberg e Schrödinger, che sono troppo complicati per interessare alla gente. La scorreggia, d’altro canto, ha un appeal universale ed intramontabile, a quanto pare.

    Ma benedetti signori, lo capite che voi, con le vostre tasse, pagate della gente che studi certi problemi per voi e vi dica come stanno le cose? Se prima li pagate e poi non li ascoltate, vi rendete conto che state buttando via i vostri soldi? Sarebbe come andare dal barbiere, pagarlo, e poi tornarsene a casa propria a tagliarsi i capelli da soli davanti allo specchio. Fidatevi, non otterrete un gran risultato.

    Dall’inizio della pandemia tutte le fonti scientifiche hanno spiegato che l’obiettivo principale doveva essere “flatten the curve”, appiattire la curva. Non mi dite che avete dimenticato questa immagine

    [3] perché se la ricordano pure i pesci rossi:

    Ora, uno guarda agli effetti dei vaccini, e cosa “scopre” (come se non si sapesse già dai risultati dei test clinici del 2020)? Ecco uno dei tanti grafici in merito, ne riporto quasi ogni volta uno diverso da fonte diversa proprio per sottolineare che dicono tutti esattamente la stessa cosa

    [4]:

    Ma tu guarda. I vaccini fanno esattamente ciò di cui avevamo disperatamente bisogno e che avevamo stabilito essere il nostro obiettivo fondamentale per riuscire a limitare i danni di questo disastro. Lo abbiamo chiesto alla scienza, la scienza ci ha dato la risposta, con una tempistica ed un livello di efficacia addirittura superiori alle più rosee aspettative.

    Questi sono i fatti, il resto è rumore di fondo unito al tentativo di alcuni avvoltoi di carpire il vostro consenso in una battaglia montata ad arte. E Galli ha detto, e Speranza ha fatto, e Draghi venduto, e Fauci comprato. Chiasso informe da dare in pasto a folle fameliche. Se non hanno il pane, mangino bufale.

    Molti no-vax sono semplicemente persone che mancano degli strumenti necessari a valutare dati e fonti pubblicamente disponibili e che incontrano individui spregiudicati il cui obiettivo è infilarsi nelle loro paure per sfruttarle a proprio vantaggio. Un po’ come quei parassiti che disconnettono il cervello delle formiche per portarle dove vogliono loro

    [5].

    La quantità di vite salvate dai vaccini è incalcolabile. Una stima dell’ECDC

    [6] parla di mezzo milione di persone in meno di un anno contando solo gli effetti diretti del vaccino. Ma quelli indiretti sono davvero inestimabili. Dai lockdown risparmiati alle corsie degli ospedali svuotate (e quindi morti indirette scongiurate) è impossibile fare un calcolo attendibile di tutti i guai evitati dai vaccini.

    Ma abbiamo, come dicevo, un problema da risolvere che é più importante di quello di far capire alla gente che i vaccini sono stati una manna dal cielo. E il problema è che nonostante gli studi, le fonti scientifiche internazionali tutte concordi, i dati e i risultati sotto gli occhi di tutti, tanta gente continuerà ad andare su Internet ad appaltare l’uso dei propri neuroni a siti di “controinformazione” che vengono messi sullo stesso piano del MIT, di Oxford, degli organi internazionali di sorveglianza sanitaria, degli scienziati pagati con le tasse dai cittadini per spiegare ai cittadini come stanno le cose.

    L’istruzione è il primo passo. La gente deve imparare i fondamenti della statistica e della comunicazione a scuola, come leggere e far di conto. Prima lo capiamo, prima ci buttiamo alle spalle questo Medioevo della comunicazione di massa distribuita.

  • Covid luglio 22

    Covid luglio 22

    Uno che non sa niente di immunità, di farmaci, di vaccini, di virus, di ricerca scientifica in generale, legge questa roba e cosa mai può concludere? Io concluderei che uno che si è vaccinato faccia in realtà un danno al proprio sistema immunitario e diventi più fragile di chi non si è vaccinato. Questo vuol dire quel titolo, lo so. Tutta la mia incondizionata e sincera solidarietà.

    Però dovete anche prendervi le vostre responsabilità, che comunque ci sono. Primo: vi siete chiesti qual è la fonte di questa notizia? Secondo: oltre al titolo, avete letto cosa c’è scritto nell’articolo? Terzo: cosa ha effettivamente detto Pfizer nel suo testo originale? Ci vogliono cinque minuti per trovare le risposte a queste tre elementari domande.

    Primo: la fonte è ”La Verità”, il che dovrebbe già far sollevare un sopracciglio, se non ogni singolo pelo del corpo.

    Secondo: nel corpo dell’articolo è scritto: “Le valutazioni cliniche di laboratorio hanno mostrato una diminuzione transitoria dei linfociti che è stata osservata in tutti i gruppi di età e di dose dopo la [prima, nota mia] dose che si è risolta entro circa 1 settimana“. C’è scritto così, ho riportato il testo tale e quale. Sì: il titolo era un evidente click-bait.

    Terzo: il testo originale di Pfizer è riportato nell’articolo, anche se sotto forma di un trafiletto estrapolato e appena leggibile. Con molto sforzo si vede che la traduzione è corretta. Non è riportata però la conclusione: “[diminuzione transitoria dei linfociti…] non associata a nessun’altra conseguenza clinica e non considerata clinicamente rilevante. In parole povere, per una settimana hai qualche linfocita in meno, ma il tuo sistema immunitario se ne accorge a stento.

    Sì, lo so, hanno montato l’ennesima bufala e tanti ci sono cascati di nuovo. Mi dispiace, davvero. Però la prossima volta un po’ di attenzione in più.

    Passiamo alle cose serie.

    Secondo EMA, tra l’altro nella persona dell’italiano Marco Cavalieri, è necessaria particolare cautela nell’eventualità di una quarta dose (quarta dose) perché, se troppo ravvicinata alla terza, potrebbe avere un effetto negativo su un sistema immunitario che sta ancora digerendo le informazioni ricevute precedentemente. Questa è una cosa nota che riguarda tutti i vaccini, non solo quelli anticovid. Le attuali raccomandazioni congiunte di EMA e CDC suggeriscono di aspettare prima di proporre la quarta dose nella popolazione generale ed eventualmente riservarla alle persone molto anziane o comunque particolarmente a rischio. E infatti nessuno ci ha detto di metterci in fila, notato?

    In tutto questo, stiamo pure tranquilli. Se ci saranno questioni rilevanti da conoscere, comprese scoperte di nuovi effetti avversi o di improvvisa inutilità o dannosità dei vaccini, lo verremo a sapere. Non da La Verità, dall’EMA.

  • Cosa vuole ottenere la Russia dalla guerra in Ucraina: l’eterno obiettivo del Cremlino

    Cosa vuole ottenere la Russia dalla guerra in Ucraina: l’eterno obiettivo del Cremlino

    Paolo Guzzanti — 10 Giugno 2022

    Non è mai esistita una dura (ma cavalleresca) Guerra Fredda fra due ideologie, il Capitalismo e il Socialismo, a causa delle quali due mondi si sono fronteggiati per mezzo secolo con le armi al piede finché una delle due è implosa– la Russia sovietica – lasciando l’altra, l’America vincitrice unica e padrona del campo. Mai. Ci abbiamo creduto quasi tutti. Ma Enrico Berlinguer, che però non seppe sfruttare in modo vincente la sua intuizione, lo capì al volo. Fu quando gli americani fecero al Cile – in modo traumatizzante ma meno cruento – quel che la Russia oggi fa all’Ucraina.

    La situazione allora era simile a quella che seguì la fine delle guerre di religione in Europa. Se sei il Cile, devi stare in campo americano e se sei Ucraina (o Ungheria, Cecoslovacchia, Polonia) devi stare in campo russo, zitto e Mosca. Berlinguer vide che fine aveva fatto Salvador Allende, analoga a quella di Imre Nagy in Ungheria o di Dubcek a Praga, o dell’angosciato Gomulka a Varsavia, e scrisse una serie di articoloni su Rinascita in cui diceva più o meno così: cari democristiani, noi comunisti sappiamo che voi vorreste fare un governo con noi comunisti lasciando a secco quei maledetti socialisti che abbiamo sempre odiato. Ma gli americani non vogliono comunisti in alcun governo in cui si condividano segreti militari per la sempre imminente guerra con la Russia, e allora io ho avuto un’idea: cerchiamo di aggiustarci fra di noi dando garanzie militari al nostro referente egemonico per evitare che quello, in preda a una crisi di nervi, ci faccia fuori. All’altro referente egemonico, quello di noi comunisti, ci penso io: farò una manovra di lento distacco ideologico ma senza fratture e che dio ce la mandi buona. Lo chiameremo “compromesso storico”.

    La fine è nota. Il punto è: fra il 1946 e oggi abbiamo sempre vissuto un’unica lunga guerra di preludio a una possibile, imminente e mai scongiurata Terza guerra mondiale, quella che se mai scoppierà si giocherà con missili intercontinentali nucleari. Controprova: lo stesso Berlinguer – fallito il grande disegno di escamotage politico con la micidiale liquidazione del partner Aldo Moro (che per conto degli Occidentali avrebbe dovuto fare da garante dal Quirinale, da cui fu sloggiato il Presidente della Repubblica Giovanni Leone con una campagna di stampa condotta in perfetto stile di “disinformatzija” sovietica – riallineato sul fronte strettamente militare della guerra fra Occidente e Russia, scelse la Russia, che aveva schierato contro l’Europa batterie di missili a medio raggio SS20. E lo fece mobilitando tutte le forze politiche di obbedienza moscovita a fare il diavolo a quattro affinché non fossero schierati, in risposta ai missili russi, i missili americani Pershing e Cruise adatti a riequilibrare il gap strategico.

    In Italia vinsero gli euromissili grazie allo schieramento dei socialisti di Craxi e i repubblicani di Spadolini e questo evento politico si trasformò in un atto di guerra politica violentissima di cui abbiamo perso memoria. E qui siamo al dunque: chiunque abbia la curiosità e la pazienza di leggersi i verbali di tutte – tutte – le riunioni annuali dei membri del Patto Di Varsavia – l’Anti-Nato dell’Est – troverà che l’esercitazione era sempre la stessa: “Di fronte ad un vile e proditorio attacco degli eserciti al comando degli Stati Uniti contro le democrazie popolari e dell’Unione Sovietica, le forze del Patto di Varsavia respingono l’attacco e rispondono con una controffensiva che ricaccia gli invasori fino all’Atlantico e li getta in mare”. Tutta la storia della Guerra Fredda è stata un contenuto preludio ad una sempre possibile guerra calda perseguita dal Cremlino, chiunque ci fosse dentro, in vista di una strategia molto semplice che fu studiata ed attuata con particolare cura da Yuri Andropov, il più perfido e geniale capo del Kgb poi diventato segretario del Pcus e sponsor di Michail Gorbaciov. L’operazione era questa: portare l’Europa occidentale in Russia e la Russia in Europa.

    Però la Russia sovietica commise l’errore di svenarsi inoltre i limiti della sua possibilità per ottenere la potenza militare utile per una operazione come quelle descritte nei verbali del Patto di Varsavia e quando il Presidente Donald Reagan dette a bere ai russi di poter varare un costosissimo piano di guerre stellari, l’ex pupillo di Andropov, l’allora giovane Michail Gorbaciov si sottomise con un piano di resa che prevedeva lo sganciamento dei Paesi satelliti che costituivano un peso insostenibile e l’accesso a un enorme prestito per salvare l’economia russa. Fu lì che avvenne il baratto fra i confini della Nato e i prestiti occidentali. Sono stato per cinque anni membro della delegazione parlamentare nella Nato e non ho sentito parlare altro a Washington che della inutilità della Nato che gli americani volevano chiudere perché oltre che inutile era ed è molto costosa, mentre gli europei insistevano perché i paesi che come la Polonia avevano assaggiato le delizie di una dominazione sovietica, volevano assolutamente una protezione americana in Europa alla quale i repubblicani – lo abbiamo ben visto con Donald Trump e la sua politica di America First – non volevano aderire.

    La politica di Trump verso l’Europa era esplicita: fottetevi, cari europei. Pagatevi i vostri eserciti e difendetevi. I russi vi vogliono mangiare? E fanno bene, perché siete una massa di codardi che si arricchiscono mentre noi paghiamo per la vostra sicurezza e indipendenza. Caro Putin, per quanto mi riguarda, ti puoi prendere quell’Europa di parassiti, Noi americani non spenderemo né un dollaro né una goccia di sangue per loro. Non così la pensano i democratici che, come gli inglesi, hanno un conto eternamente aperto con la Russia per tutte le sue spericolate astuzie fin dai tempi dell’infame alleanza fra Stalin e Hitler a spese dell’Europa e degli Stati Uniti. E qui arriviamo al punto di questi giorni: i putiniani. Chi sono, se ci sono. Molto semplicemente i putiniani, per la mia esperienza giornalistica e politica, “i putiniani” sono semplicemente tutti gli anti-americani ideologici e spesso religiosi – l’America la nuova Mammona adoratrice dello sterco del demonio – che in Italia sono forse la maggioranza. Il signor Kolosov che guidò la “residentura” del Kgb a Roma per molti anni, interrogato dalla Commissione di cui ero presidente disse.

    “Tutti gli antiamericani venivano a bussare alla nostra porta e chiedevano di aiutarci contro di loro e di proteggerci, persino, contro di loro. Non erano neppure i comunisti, ma specialmente i democristiani. Parlando a Tripoli con il ministro degli Esteri di Gheddafi, il signor Trekki che si esprimeva in un eloquente francese, costui disse alla delegazione della Commissione Esteri: “Il giorno in cui fu annunciata la fine dell’Unione Sovietica era qui il vostro più grande uomo politico, Giulio Andreotti, il quale pianse e disse: da oggi il mondo è cambiato in peggio: gli americani hanno vinto e saranno padroni del mondo, ci mancherà l’Unione Sovietica”.

    Parole non diverse da quelle pronunciate dallo stesso Vladimir Putin quando dice che la più grande calamità della sua vita è stata la dissoluzione dell’Unione Sovietica, cui peraltro si sta laboriosamente dando da fare per poter rimediare il danno fatto, rincollandone i pezzi col ferro e col fuoco e col sangue. Basta accendere il televisore dopo le venti e trenta per trovare sciami di sapienti che di fronte all’invasione armata di un Paese europeo da parte della Russia gridano che è certamente colpa degli americani ed è molto più di un riflesso condizionato: è – questa è la mia opinione – la coincidenza immediata con il puntinismo, che dichiara apertamente la sua vocazione all’imperialismo nazionalista russo, che non ammette giri di valzer, non consente differenze culturali ma ha bisogno di fedeltà pronta cieca e assoluta al Cremlino, come è sempre stato e come sarà per sempre.

  • Complotto continuo

    Complotto continuo

    Mattia Feltri La Stampa 2 giugno 2022

    Urca, sta arrivando un altro diabolico complotto ordito dalle élite globaliste ai danni del povero, indifeso popolo italiano. Oddio, indifeso non so. Infatti a scorgere il luciferino è stata Giorgia Meloni alla lettura di un report di Goldman Sachs, banca d’affari americana, ovvero zoccoli biforcuti e artigli da usuraio. Che ha detto il comitato di aguzzini? Ha detto che, con la salita dei tassi di interesse, e la possibile vittoria alle elezioni di Lega e F.lli d’Italia, sempre molto ringhiosi verso l’Ue, ci potrebbero essere preoccupazioni sulla sostenibilità del debito. Del resto – aggiungiamo qui – il debito italiano è arrivato a duemila e 786 miliardi di euro (provate a scriverla questa cifra…). Ma a Giorgia non la si fa: i poteri forti ci attaccano perché sono preoccupati e fanno bene a esserlo, ha risposto. Ecco, mettetevi nei panni non dico di un potere forte, anche di un potere medio, o medio piccolo, o un creditore qualsiasi: la risposta di Meloni vi tranquillizzerebbe? Cioè, arriva una che considera la globalizzazione un castello di sabbia di menzogne e, con quella montagna di debito sparsa nei mercati globali, dice che se i mercati globali si preoccupano fanno bene a preoccuparsi. Già la presenza di Matteo Salvini, uno che esulta per un atto di pirateria scambiandolo per una pacifica iniziativa mercantile, non sembrerebbe pienamente rassicurante. Aggiungiamo una leader in pectore la quale, a chi gli ha prestato i soldi, e si spaventa all’idea di non averli indietro, dice ok bello, spaventati pure. Il punto non è se ci siano complotti o no, il punto è che con la destra italiana non ce n’è nemmeno bisogno.

  • Chi non ha mai posseduto un cane, non sa cosa significhi essere amato.

    Chi non ha mai posseduto un cane, non sa cosa significhi essere amato.

    Ricordo una zia, che ormai è morta da molti anni, lei non aveva un animale, e quando sentiva dire da qualcuno che era triste per la morte del proprio animale domestico, non dico che lo irrideva, ma lo trattava con sufficienza (come peraltro farebbero molti di noi). Anni dopo mia zia prese un bastardino. Non ricordo chi glielo regalò, forse mia cugina, penso che lo abbia tenuto con sé una quindicina di anni, anche quando poi rimase sola perché vedova e questo cane era la sua sola compagnia. Ricordo per averlo visto di persona che, quando in mezzo a un discorso e senza guardare il cane, nominava la parola “catenella” per riferirsi al guinzaglio, il cane correva immediatamente scodinzolando e guaendo proprio dove lo strumento era appeso, vicino a un termosifone, conscio che era arrivato il fatidico meraviglioso momento della passeggiata. Ricordo di averlo portato anch’io in giro per i posti a lui più graditi. Ebbene, un giorno qualcuno avviso’ mia zia che il cane era morto e lei scendendo lo trovò riverso in strada, lo raccolse, lo adagio’ sul marciapiede e restò lì inginocchiata a piangere sconsolata per la perdita di quel compagno inseparabile di molti anni di vita insieme. In quel momento passò di lì un signore e, appreso il fatto, le disse: “la comprendo bene signora, l’ho provato anch’io, è un dolore atroce!”. Noi pensiamo, guardando da fuori, che questi piccoli compagni di vita siano degli elementi intercambiabili facilmente sostituibili, beh non lo sono! Certo potremmo prendere un altro animale per riversare su di lui il nostro affetto, ma dovremmo comunque prima superare un periodo di lutto. Questi compagni pelosi lasciano un vuoto fisico, palpabile, e portano con sé esperienze di vita e momenti pieni di significato che abbiamo condiviso con loro. Loro non ci giudicano e ci amano incondizionatamente, cosa sempre più difficile tra esseri umani. È per questo che la loro perdita risulta così inconsolabile, tanto che molti in vista di questo tragico momento preferiscono non prendere proprio con sé un animale da compagnia, che sarebbe più corretto definire “compagno di vita”. Sappiamo che lui non potrà che accompagnarci solo per un tratto del nostro percorso terreno, ma separarcene costa comunque un grande sforzo e dolore fisico. Perciò la prossima volta che vedrete qualcuno piangere per la perdita del proprio animale domestico, non lo giudicate, sappiate che quel dolore è vero e tangibile e che voi fareste probabilmente lo stesso al suo posto, se siete capaci di provare vero amore per qualcuno. Ricordo una frase di Arthur Schopenhauer: “Chi non ha mai posseduto un canenon sa cosa significhi essere amato.”

  • La religione è l’oppio dei popoli

    La religione è l’oppio dei popoli

    Peccato che Marx non abbia mai detto così.
    La frase originale era questa, parte di un ragionamento molto più profondo e poetico:
    La miseria religiosa è insieme l’espressione della miseria reale e la protesta contro la miseria reale. La religione è il sospiro della creatura oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore, così come è lo spirito di una condizione senza spirito. Essa è l’oppio del popolo.

  • Eredità bolscevica, ecco perché non regge il paragone dello storico Luciano Canfora

    Eredità bolscevica, ecco perché non regge il paragone dello storico Luciano Canfora

    Luciano Canfora mette talvolta le sue grandi qualità di storico antico al servizio di tesi anche polemicamente molto delineate, e di solito il terreno fertile ed estemporaneo su cui esercita la sua intelligenza è quello della politica. Avviene talvolta che da lui si apprenda, altre volte che stimoli lo spirito critico, sempre buono, dunque, l’effetto. Mi è capitato di leggere un suo articolo sul Corriere della sera, sintesi della Prefazione che ha scritto per un volume di Sergio Romano, un articolo intitolato così: “L’Urss è morta e vive ancora. Nella Russia di oggi rimane incancellabile il marchio della rivoluzione bolscevica”.

    A prima vista questa idea registra una cosa ovvia, essendo evidente che una vicenda lunga e complessa come quella di cui si parla abbia lasciato tracce nelle società e tra i popoli fra i quali è avvenuta, e nella stessa storia del mondo. Ma non coincidendo affatto il testo di Canfora con la filiera dell’ovvio, esso racconta una tesi ben più articolata, ma assai discutibile. E proprio perché sostenuta da un autorevole storico, val la pena parlarne. Marchio incancellabile della Rivoluzione nella Russia di oggi? Vediamo. L’Urss è morta quando la Rivoluzione del 1917 è finita nel nulla, come Rivoluzione che aveva promesso e profetizzato la redenzione dell’umanità -espressione che si trova nelle “Tesi sulla storia” di Walter Benjamin– o, a essere meno ambiziosi, a promuovere il superamento del 1789: questa, Rivoluzione borghese, l’altra Rivoluzione proletaria, dei vinti che non avevano che da liberarsi delle loro catene, una storia che avrebbe visto i vinti della storia vincere sui vincitori di sempre. Oggi la Russia è una democrazia di massa illiberale e dispotica, gli oppositori in carcere, chiusa nei suoi confini culturali e politici. Il “marchio incancellabile” del dispotismo, proprio della rivoluzione bolscevica, resta, certo in tono minore, ma deprivato di ogni aspettativa più o meno salvifica. La Russia non è più quella dello zar, per cui ha ragione Canfora quando afferma che è sbagliato parlare dello “zar Putin”, ma questo fa ancora parte di quella filiera dell’ovvio di cui si è detto.

    Il fatto è che le ambizioni dell’autore sono ben altre. E si rivelano per intero con il paragone -il cuore dell’articolo- tra gli esiti della Rivoluzione francese, 1789, e gli esiti del 1917, e qui, per davvero, i conti non tornano, nel confronto “neutrale” del testo. È vero, e peraltro ben noto, che le vicende successive al 1789 furono talmente diverse tra loro, dall’impresa napoleonica al ritorno del sovrano, fratello di quello decapitato, all’esperienza di varie forme di Stato, da escludere osmosi dirette e coerenti con le idee della Rivoluzione. Ma quella data, nei principii che affermò, innestandoli nella storia concreta, tra molte e contrastate vicende, ha contribuito a produrre la costituzionalizzazione dell’Europa, ha portato il “marchio incancellabile” dei suoi principii in una idea di libertà politica e di tolleranza, preparata dal pensiero dell’Illuminismo. Un’idea che sta tra noi, nel nostro pur contraddittorio e certe volte tragico presente, sta dentro le nostre costituzioni, è la vicenda che segna un progresso politico incancellabile della storia umana.LEGGI ANCHE

    Il paragone con il 1917 non regge. Dove questa data è diventata Rivoluzione, in Russia, ha dominato ininterrottamente, fino al 1989, per un tempo lungo e omogeneo, prima il terrore politico, poi l’oppressione di popoli confinanti e dello stesso popolo russo. Il “marchio incancellabile della rivoluzione bolscevica” resta, dunque, all’interno di quella società, a testimoniare un fallimento, l’esito povero, chiuso, rovesciato, dell’ultima filosofia della storia che voleva decidere del destino dell’umanità e finì nel terrore staliniano, ma val la pena di ricordare che quella del 1917 fu una “Rivoluzione contro il Capitale”, contro l’opera di Marx, come scrisse Antonio Gramsci. Poco a che vedere, nell’articolazione della sua storia, con la filosofia di Karl Marx. Essa non fu preparata da una filosofia, fu un colpo di Stato ben riuscito. Il terrore incominciò con Lenin, non con Stalin, un marchio incancellabile resta, in forma certo minore, ed è il dispotismo.

    Biagio De Giovanni