Massaccio addì 8 agosto 1787
Io Perito infra[scri]tto per ordine dei Sig.ri Residenti di Monte Roberto, essendomi portato a visitare le Mura Castellane di d[ett]o luogo, che in varie parti del loro recinto minacciano rovina, ad oggetto di riconoscere le cause d’un simil danno, onde si possano rimuovere con opportuni riattamenti.
Ho osservato primariamente, che le suddette in proporzione della loro grossezza (che si riduce a palmi due romani in circa, e serve di pura incorniciatura al Masso di Tufo, sul quale è piantato tutto il Castello) hanno una scarpa eccedente, per cui sono altresì mancati di base sufficiente, che possa corrispondere al peso delle fabbriche soprapposte, in guisa che trovandosi le medesime mura condotte all’altezza ragguagliatamente di palmi, quaranta romani, si sono distaccate dal tufo, ed il peso ha da qualche tempo incominciato a fenderle, e schiacciarle; Tali si riconoscono dalla parte di mezzogiorno, incominciando dall’angolo della casa spettante al Sig. Agostino Antonelli, e proseguendo presso alla casa spettante alla stessa Comunità di Monte Roberto, e quindi prossimamene alle case del Sig.r Serafino Guglierni, e di Sig.ri Ventroni, fino al Palazzo Pubblico (sebbene in vicinanza delle case Guglielmi, e Ventroni che per essere distanti dalle Mura Castellane godono Orti pensili, occupano tutto lo spazio intermedio fra le mura medesime e la case), rincorrono con gl’accennati difetti a danneggiare ancora le acque, che restano assorbite da detti fondi ortivi, senza scolo, accrescono il peso, e la spinta contro le Mura castellane.
E siccome tra gl’Abitanti di detto Castello, ha prevaluto per qualche tempo il supposto, che il descritto pericolo di rovina fosse proveniente per difetto di consistenza del masso di Tufo, da fenditure perpendicolari, che potessero sconnettere le mura ancora dall’interno accasato non meno che le castellane; mi sono portato a visitare li sotterranei delle divisate case più contigue alle mura castellane, ed avendone osservato attentamente li muri divisori non vi ho trovato alcun segno, che manifestasse una simil causa, anzi ho rinvenuto che il masso suddetto del tufo è ben compatto, e fornito d’una consistenza, capace a sostenere il peso delle fabbriche.
In seguela pertanto delle dimostrate osservazioni, ed a scanzo d’ulteriori danni, giudico necessario un sollecito riparo alla rovina, che minacciando le sopraddette mura, apprestandovi quei riattamenti, che convengano alli rispettivi siti, cioè di rifabbricare di nuovo il tratto del muro descritto dall’angolo della casa del Sig.re Agostino Antonelli, fino all’altro del Palazzo Pubblico di maggior grossezza tanto nella base, che nella sommità, coll’avvertenza di scemame l’eccedente scarpa, e d’unirvi all’intorno i controforti, almeno ne’ siti corrispondenti agl’orti pensili, fra i quali, si lasciano una sull’altra piccole aperture per lo scolo dell’acqua, conforme suoi praticarsi in simili muri, e di fortificare; e finalmente altri due piccoli tratti delle medesime mura, che soggiacciono alle case delle Sig.ri Baldelli, e del Sig.re Lorenzo Monti, a quali per rinforzarli, non essendo nell’istessa maniera difettosi, e distaccati, macerati piuttosto dall’ingiuria del tempo, e dell’incuria, saranno valevoli le ingessature di buona muratura.
Così è l’interno accasato del Castello, rimarrà esente non meno da qualche pericolo. Che è quanto riferisco, e depongo a norma delle cospezzioni fatte nella Faccia del luogo.
Paolo Isidoro Capponi Architetto m[an]o p[ro]p[ri]a.