Dai quaderni storici esini Vol. V Anno 2014 pag. 93
La chiesa di San Carlo che oggi vediamo alla sommità del castello di Monte Roberto risale alla terza decade dell’Ottocento quando venne edificata a pochi metri da un’omonima altra chiesa che stava andando in rovina e che originariamente era stata edificata ai primi del Seicento.
Dentro il perimetro delle mura castellane non vi fu mai una chiesa: quella parrocchiale, dedicata a San Silvestro Papa, vicinissima alla porta di entrata al castello, era stata edificata nel sec. XV e ricostruita sullo stesso luogo nella seconda decade del Settecento.
La chiesa di San Carlo è stata ed è l’unica chiesa ubicata all’interno del paese.
Fu costruita tra il 1612 e il 1613 ad iniziativa della Confraternita della Buona Morte dell’Opera Pia del Suffragio. La pubblica amministrazione partecipò alla spesa fornendo tutto il legname necessario alla costruzione. [1] Archivio Storico Comunale Monte Roberto (ASCMR), Consigli (1608-1616), c. 90r, 13 novembre 1612 La dedicazione a S. Carlo Borromeo (1538-1584), vescovo di Milano, compatrono di Jesi, seguì di soli tre anni la data della sua canonizzazione avvenuta il 1° novembre 1610.
Il Consiglio della Comunità il 3 novembre 1613 prese la decisione di solennizzare il giorno di S. Carlo, 4 novembre, chiedendo al vescovo di dichiarare la ricorrenza annuale giorno festivo a Monte Roberto a tutti gli effetti: “bandire questa festa et imponer pene a quelli che in tal giorno faranno o saranno trovati a far opere et esercitii manuali, d’applicarsi per la metà alla chiesa dedicata a detto glorioso S. Carlo et per l’altra metà all’essecutore et accusatore e secondo che parerà al detto ns. Vescovo”. [2] Ivi, cc. 108r/v. Sull’altare vi fu posta una tela con l’effige di “S. Carlo Borromeo sorretto dagli angeli” eseguita nel 1614 da Antonino Sarti, tela-pala d’altare che ancora è al suo posto, restaurata nel 1996. [3] MOZZONI LORETTA, a cura di, Antonino Sarti 1580-1647, Comune di Jesi 1997; pp. 60-61.
La chiesa si trovava al centro tra le due file di case che costituivano la parte ovest del castello, due porte laterali immettevano nei rispettivi vicoli. Brulicante all’epoca di persone e di animali domestici, e anche di maiali lasciati liberi di pascolare, nonostante i reiterati divieti. [4] ASCMR, Consigli (1608-1616), c. 68r/v, 23 Maggio 1610. E proprio alcuni maiali, entrati nella chiesa di San Carlo, la imbrattarono stracciando le tovaglie e i paramenti dell’altare: accadde ai primi del 1615, la chiesa era stata da poco costruita e del fatto se ne discusse nel Consiglio della Comunità. [5] Ivi c.145r., 15 febbraio 1615
La Confraternita o la Compagnia della Buona Morte teneva regolarmente nella chiesa le sue riunioni: chi relazionava prima di rivolgersi ai confratelli faceva “la debita riverenza all’immagine di S. Carlo” [6] Archivio Parrocchiale S.Silvestro Monte Roberto, Libro della Compagnia della Morte del Castel di Monte Roberto, c. 30r, 16 gennaio 1667. e “la solita genuflessione all’Altare Maggiore”. [7] Ivi, c. 105v.
Probabilmente la costruzione della chiesa non fu realizzata nelle modalità più eccellenti se già dopo qualche decennio fu necessario porre mano a riparare il tetto, nel 1641 [8] Ivi, c. 10r. e ancora nel 1666, [9] Ivi, c. 26v. mentre altri lavori di riparazione alla struttura della chiesa stessa vennero fatti nel 1669. [10] Ivi, c. 34r.Il piccolo campanile fu costruito nel 1651, [11] Ivi c.19v i mattoni necessari però erano stati preparati già da cinque anni, [12] Ivi, c. 16r. la campanella era pronta quasi da dieci per la quale erano stati spesi 5 testoni. [13] Ivi, c. 11r.
Nel 1674 la confraternita si riunisce nella chiesa parrocchiale di S. Silvestro “stante che la chiesa di S. Carlo minaccia ruina”, per “risarcirla ci vogliono all’incirca 12 scudi” ma i denari non ci sono per cui è necessario tagliare legna nel campo della Cannuccia di proprietà della confraternita stessa. [14] Ivi, c. 44r, 25 febbraio 1674.
Questo fondo, situato nell’omonima contrada, “al di del Fossato”, o fosso di S. Giovanni, e il confine con Cupramontana, allora Massaccio, [15] CECCARELLI RICCARDO, Monte Roberto. La terra, gli uomini e i giorni, Comune di Monte Roberto 2012, p. 35. era stato donato alla confraternita per testamento del 15 aprile 1614 da Fiorano di Mariano di Monte Roberto con l’obbligo di far celebrare 6 messe all’anno presso l’altare di S. Carlo. [16] Archivio Parrocchiale S. Silvestro Monte Roberto, Libro della Compagnia della Morte del Castel Monte Roberto, c. 85r. Altro terreno ubicato in contrada Porcini, nei pressi dell’attuale via San Settimio, [17] CECCARELLI RICCARDO, Monte Roberto. La terra, gli uomini e i giorni, cit., p. 39. nelle prime decadi del Settecento risulta di proprietà della confraternita: in ambedue insistevano “moltissime quercie”, si riteneva opportuno che esse venissero vendute e investirne il ricavato in beni stabili o in censi in denaro! [18] Archivio Parrocchiale S. Silvestro Monte Roberto, Libro della Compagnia della Morte del Castel Monte Roberto, c. 114v, 30 luglio 1730. della festa di S. Carlo, 4 novembre, e nella festa di S. Rocco, Il 16 agosto. [19] Ivi, c. 5r (1636), c. 6r (1637) e c. 9r, 16 agosto 1640). Due erano gli altari della chiesa, quello maggiore dedicato a S. Carlo ed uno laterale dedicato alla SS. Concezione che aveva un legato, cioè un obbligo di sante messe, istituito da Giovanni Oliva di Monte Roberto. [20] Ivi, c. 54v, 26 marzo 1679.I vescovi di Jesi nelle loro periodiche visite pastorali alle parrocchie della diocesi ispezionavano tutti gli edifici di culto, visitando Monte Roberto, la chiesa di S. Carlo era oggetto di attenzione anche perché sede della confraternita della Morte. In queste relazioni, alcune delle quali sono particolarmente circostanziate, troviamo descritta la situazione statico-architettonica della chiesa stessa, gli altari, i quadri e tutto ciò che attiene alla funzionalità dell’esercizio del culto.
Nella visita pastorale fatta da Mons. Antonio Fonseca il 13 settembre 1726, la chiesa di S. Carlo viene trovata “sub nudo tecto”, senza volta cioè, tutta la struttura “aliquantum inforrmis”, alquanto rozza e squallida, particolarmente per il magazzino-granaio del Monte Frumentario della confraternita ubicato nelle vicinanze e in parte sopra la chiesa stessa e in concomitanza con una casetta della famiglia Guglielmi, magazzino raggiungibile attraverso una scala. Vi sono due altari, uno dedicato a S. Carlo con una tela dipinta (quella di Antonino Sarti) e l’altro dedicato alla Concezione, con una pittura su tavola (“cum pictura in tabulis”) rappresentate la Concezione (la Madonna), S. Sebastiano e S. Rocco “circumligata a quodam parvo ligno inciso et in rimis aurolito”, con una cornice cioè in legno scolpito e dorato. Nell’altare di S. Carlo c’è un’urna in legno scolpito e dorato dove sono contenute alcune reliquie di santi. In un armadio è conservata una statua della Madonna della Concezione con la veste di seta. Nella parete c’è dipinta la Madonna di Loreto con due immagini di santi; sul tetto o meglio sul piccolo campanile, la campanella. [21] URIELI COSTANTINO, Visite Pastorali. Regesto, d. s. Jesi 1989, p. 132.
Dopo quattro anni Mons. Fonseca ritornò a Monte Roberto per una nuova visita pastorale, 1’11 agosto 1730. Trova gli altari della chiesa di S. Carlo del tutto sguarniti anche del necessario per il culto, soprattutto per la povertà della confraternita. Per affrontare le spese necessarie il vescovo ordina di abbattere alcuni alberi infruttiferi nel piccolo terreno di proprietà della confraternita dove ci sono anche alcune querce che recano danno. Ordina altresì di demolire il granaio posto sopra la chiesa, prescrizione già peraltro dettata nella visita del 1726 e non eseguita per timore di danneggiare la vicina casetta dei Guglielmi. Questa volta prescrive di dividere i due stabili e demolire la casetta che apparteneva sì ai Guglielmi ma con tutta probabilità era disabitata e inservibile. [22] Ivi, p. 166. La confraternita intanto comincia a cercare alcuni vani da utilizzare a ripostiglio e come piccolo Oratorio. [23] Archivio Parrocchiale S. Silvestro Monte Roberto, Libro della Compagnia della Morte del Castel Monte Roberto, cit., 116r/v, 15 aprile 1731. Riesce a trovarli, ad acquistarli, e a utilizzarli anche come magazzino-granaio, posti di fronte alla chiesa parrocchiale nel palazzo del capitano Mazzini, vani di proprietà di Susanna vedova di Sebastiano Bocchini, per il prezzo di 33 scudi. [24] Ivi, c. 117r, 16 settembre 1731.
Nella terza visita pastorale di Mons. Fonseca effettuata a Monte Roberto il 4 ottobre 1737, l’altare della Concezione nella chiesa di S. Carlo è detto altare del Suffragio perché presa a carico dall’Opera Pia del Suffragio, [25] URIELI COSTANTINO, Visite Pastorali. Regesto, d. s. cit., p. 179. emanazione della confraternita della Morte, che nel frattempo si era “domiciliata” presso la stessa chiesa.
L’altare di S. Carlo nella visita pastorale del 2 luglio 1740 viene trovato in ordine, mentre l’altare della Concezione viene detto “de jure animarum purganti” dedicato cioè alle anime del purgatorio al cui suffragio debbono andare tutte le offerte raccolte dalla confraternita della Morte. L’ordine di demolire la casetta attaccata alla chiesa, che il vescovo aveva precedentemente dato, è stata eseguito. La confraternita aveva chiesto di acquistare l’area della casa demolita; il vescovo si reca sul posto per rendersi conto di persona, il proprietario dell’area è il vicario foraneo don Costantino Guglielmi che si dice disposto a venderla. Il contratto viene stipulato e sottoscritto il giorno dopo per il prezzo di 3 scudi che vengono subito versati; contemporaneamente si prende l’impegno di erigere in futuro sullo stesso luogo e a spese della confraternita “aliqua fabrica in ornatum et comodum ipsisus ecclesiae”, una costruzione cioè che sia utile alla stessa chiesa. [26] Ivi, pp. 187-188.
Il proposito non si riesce a realizzare perché il violento terremoto del 24 aprile 1741 che causò diversi crolli nel castello, [27] CECCARELLI_RICCARDO, Monte Roberto. La terra, gli uomini e i giorni, cit., pp. 83-84. non risparmiò la chiesa di S. Carloche — è scritto nel registro dei verbali della confraternita — “da un grandissimo terremoto fu fracassata”, per cui un anno dopo si decide la sua “redificazione” facendo presente la risoluzione e il problema al vescovo. [28] Archivio Parrocchiale S. Silvestro Monte Roberto, Libro della Compagnia della Morte del Castel di Monte Roberto, cit., c. 124r/v, 22 aprile 1742.
Il progetto-perizia per la ricostruzione fu affidato a due mastri muratori di Castelbellino, Francesco Lucarini e Marco Boria, approvato dalla confraternita il 15 novembre 1744: il costo era previsto in scudi 165 e 10 baiocchi da affrontare con la vendita delle querce presenti nei terreni di proprietà della confraternita, con la precauzione però di non farla globalmente ma di frammentarla in 50 scudi per volta senza così chiedere l’autorizzazione alla competente Congregazione romana, [29] Ivi, c. 127 r/v. Vedi testo completo in appendice. cui per somme superiori a questa somma spettava richiedere e ottenere il relativo permesso.
La burocrazia, allora — come sempre — non aveva la velocità dei desideri, così la chiesa di S. Carlo quattro anni dopo era ancora da ricostruire. 11 24 marzo 1749 una lettera del vicario generale della diocesi prescriveva le modalità dei lavori della ricostruzione (a giornate e non cottimo) e la nomina di due responsabili, facenti parte della confraternita, che avrebbero dovuto a suo tempo relazionare allo stesso vicario sui lavori e sulle spese. [30] Ivi, c. 137v, la lettera è riportata in copia. La lettera fu certamente recapitata in giornata, se il giorno dopo, 25 marzo, il vicario foraneo don Giuseppe Nicodemi, fa riunire la confraternita e deliberare in merito alle richieste del vicario generale che furono accettare, parimenti furono nominati i due responsabili (“deputati”) alla ricostruzione: Giovanni Procicchiani e Carlo Rotorsciano. [31] Ivi, c. 138r.
I lavori questa volta, vista anche l’urgenza della confraternita nel rispondere al vicario generale, dovettero iniziare subito e portati avanti con una certa sollecitudine se nel settembre del 1750, il vescovo Mons. Antonio Fonseca ancora in visita pastorale a Monte Roberto descrive la chiesa di S. Carlo “de novo nuper edificata, satis decens”, abbastanza decente cioè, in quanto da non molto riedificata. [32] URIELI COSTANTINO, Visite Pastorali. Regesto, d. s. cit., p. 214.
Il 9 maggio 1790 la confraternita del Sacramento e Rosario e quella della Buona Morte si uniscono[33] Archivio Parrocchiale S. Silvestro Monte Roberto, Congregazioni della Confraternita del SS. Sacramento e Rosario (17374826), cc. 99v e 100r. La chiesa di S. Carlo diventa proprietà della confraternita del Sacramento e Rosario, la confraternita della Morte mantiene il giuspatronato.
La posizione con il passare degli anni si rivelò non certo ottimale, inoltre pericolante qual era, nei primi decenni dell’Ottocento, su suggerimento anche del vescovo, la Confraternita del Sacramento prese la decisione di demolirla e di riedificarla nelle immediate vicinanze sull’area di una vecchia casa di proprietà della soppressa Opera Pia del Suffragio, tenuta in affitto da Paolo Bertini.
Il passaggio di proprietà della casa dall’Opera Pia del Suffragio alla Confraternita del Sacramento fu autorizzato da papa Pio VII il 2 luglio 1823. La confraternita però non aveva sufficienti risorse finanziarie per la ricostruzione della chiesa. Un buon numero di “devoti” aveva iniziato una sorta di sottoscrizione, non si arrivava però a coprire il totale delle spese che furono affrontate dalla Famiglia di Serafino Salvati che aveva la proprietà delle case a ovest del castello in prossimità della costruenda chiesa. Un capitolato di intenzioni e di obblighi, tra la famiglia Salvati e la confraternita, fu esaminato dall’assemblea di quest’ultima il 7 agosto 1825 e successivamente in una nuova assemblea del 11 dicembre 1825, subordinato all’avallo delle autorità superiori. [34] Ivi, CC. non numerate. Trascrizione dell’atto dell’Il dicembre 1825 in appendice.
Il progetto della ricostruzione era tuttavia seguito anche dalle autorità civili che vedevano nella demolizione della vecchia chiesa un’occasione “di ingrandire la piazza detta di San Carlo e di rendere migliore ornamento al paese”. La proposta però di concedere un contributo di 18 scudi per la ricostruzione viene respinta di misura, 7 voti favorevoli e 9 contrari, nella seduta del Consiglio della Comunità dell’8 settembre 1824. [35] ASCMR, Consigli (1809-1827), p. 257. Lo stesso Consiglio comunque di lì a qualche mese, il 24 febbraio 1825, riuscì a trovare e ad approvare il contributo dei 18 scudi prelevati da una somma di scudi 37:50 derivante dalla vendita di uno “spalmento di terra” appartenente alla Comunità. [36] Ivi, pp. 260-261.
Intanto le competenti autorità pontificie, la Congregazione dei Vescovi e Regolari, approvarono nei primi mesi del 1826 il capitolato concordato con Serafino Salvati, i lavori così ben presto poterono iniziare e concludersi tenendo presente ogni articolo convenuto con la famiglia Salvati. La chiesa con la parete di fondo insistente a perpendicolo sulle mura castellane era pressoché grande come l’antica chiesa (6 canne quadrate) [37] Ivi, p. 261: “La comunità va ad acquistare un’area di canne sei Romane di terreno che occupa l’antica Chiesa e che la confraternita accennata cederà a vantaggio e comodo del Publico sentitoché serviranno per dilatare la Piazza S. Carlo”., ebbe il piccolo campanile con l’antica campana, l’altare con la tela di S. Carlo, non fu costruito allora né in seguito un secondo altare come era nei propositi dei Salvati. Era gestita come proprietà della confraternita del SS.mo Sacramento e Rosario, chiesa succursale della parrocchia di S. Silvestro, utilizzata in occasione di processioni dai confratelli della confraternita di Monte Roberto e da altre dei paesi vicini che partecipavano alle medesime processioni.
Nella chiesa venne posta non solo la citata pala d’altare con l’effige di “S.Carlo Borromeo sorretto dagli angeli” di Antonino Sarti del 1614, ma nelle ultime decadi del Settecento vi furono collocate, sulle pareti laterali, due altre tele appartenute alla vecchia chiesa di S. Silvestro: lo “Sposalizio della Vergine con S. Giuseppe” e “Madonna del Carmelo col Bambino e santi Biagio, Giacomo, Francesco, Caterina e Simone Stock”, quest’ultima dello stesso Antonino Sarti dipinta nel 1616.
Lo “Sposalizio della Vergine con S. Giuseppe” era segnalato nella visita pastorale del 1726 presente nell’altare di S. Giuseppe, giuspatronato alla famiglia Leoni di Staffolo, con ramificazioni a Monte Roberto; la famiglia Leoni cioè si faceva carico di dotare l’altare stesso, o meglio donargli denaro e beni immobili dai quali l’altare (e soprattutto chi lo gestiva) traeva rendite, mentre l’altra tela era nell’altare di S. Giacomo, giuspatronato della famiglia Magnoni, ambedue altari erano dell’antica chiesa parrocchiale di S. Silvestro, [38] URIELI COSTANTINO, Visite Pastorali. Regesto, d. s., cit., p. 131, p. 179 e p. 187. ricostruita tra il 1769 e il 1797; [39] CECCARELLI RICCARDO, Monte Roberto. La terra, gli uomini e i giorni, cit., pp. 160-170 tele-pale d’altare che nella nuova chiesa non furono più collocate.
I due quadri nella visita pastorale del 15 maggio 1898 fatta dal vescovo Mons. Aurelio Bonghi sono attribuiti ad Antonio Sarti dipinti nel 1616, mentre la chiesa di S. Carlo viene detta “giuspatronato della famiglia Leoni di Staffolo”. [40] URIELI COSTANTINO, Visite Pastorali. Regesto, d. s., cit., p. 300. In realtà solo la “Madonna del Carmelo col Bambino e santi Biagio, Giacomo, Francesco, Caterina e Simone Stock” è firmata da Antonino Sarti e datata 1616, “Antoninus de Sartis F[ecit] 1616”, commissionata probabilmente dagli eredi di Lucangelo Barchiesi che nel 1603 aveva commissionato al Sarti il “Martirio di S. Lorenzo” per l’omonimo altare nella chiesa di S. Silvestro. La tela nella visita pastorale del 1700 del vescovo Fedeli risulta essere nell’altare di S. Giacomo, giuspatronato della famiglia Barchiesi [41] MOZZONI LORETTA, a cura di, Antonino Sarti 1580-1647, Comune di Jesi 1997, pp. 70-72. che poco più di venticinque anni dopo, come abbiamo visto, era passato alla famiglia Magnoni.
La tela raffigurante “Lo sposalizio della Vergine con S. Giuseppe”, non è firmata e reca lo stemma della famiglia Leoni che aveva il giuspatronato dell’altare di S. Giuseppe, già ricordato, nella chiesa parrocchiale.
Ambedue le tele, con l’ultimo restauro, hanno conservato un cartiglio dipinto che indica il commissionario, l’artefice e la data di un primo intervento di restauro nella prima decade dell’Ottocento; ne “Lo sposalizio della Vergine”: “Tabula hanc temporum vetustate labefactam Anto[n]ius et Carolus Leoni Staphylani per Joa. [nnem] Ant. [onium] Bastucci concivem Staphyli reficere curav. [erunt]. Anno rep.[aratae] Salutis MDCCCVI”, (Antonio e Carlo Leoni staffolani, provvidero a far restaurare questa tavola danneggiata dalle ingiurie del tempo, da Giovanni Antonio Bastucci concittadino di Staffolo, nell’anno della salvezza 1806).
Nell’altra tela, poco sotto alla firma del Sarti: “Tabulam hanc, quae Sacro de jure Gentill. [im]ae Fam. [ili]ae Leoniae Staphilanae addita est. J.[oannes] Ant. [onius] Bastucci restauravit. Nic. [olao] Leonio. 1807” (Giovanni Antonio Bastucci restaurò questa tavola, affidata per sacro diritto alla gentilissima Famiglia Leoni di Staffolo nell’anno 1807, [a cura di] Nicola Leoni).
Ambedue le tele, dopo i lavori di ripristino del vicino Palazzo Comunale, [42] CECCARELLI RICCARDO, Monte Roberto. La terra, gli uomini e i giorni, cit., pp. 88-92 e Inaugurazione della restaurata sede municipale, Monte Roberto, 19 ottobre 2002, cartella con 4 tavole, presentazione del sindaco Olivio Togni e testo di Riccardo Ceccarelli. dal 2002 sono conservate nella Sala Consigliare. Con la legge 3 agosto 1862, i relativi regolamenti e modificazioni, venivano istituite le Congregazioni di Carità con l’espropriazione di alcuni beni alle confraternite religiose e ad altri enti, la Chiesa di S. Carlo venne tolta così alla Confraternita del SS. Sacramento — anche se in alcuni documenti è detta ancora della Confraternita della Morte [43] URIELI COSTANTINO, Visite Pastorali. Regesto, d. s., cit., p. 300. – insieme ad altri beni, confluendo nelle proprietà della Congregazione di Carità fino al 1937 quando fu istituito l’Ente Comunale di Assistenza (E.C.A.) e successivamente, dal 1978 dopo la soppressione di questo, la chiesa è diventata di proprietà comunale. La chiesa tuttavia, in accordo tra la parrocchia e la pubblica amministrazione, ha continuato e continua ad essere utilizzata per qualche circostanza religiosa come l’inizio della processione del Venerdì Santo e della domenica delle Palme o in caso di non agibilità della chiesa parrocchiale per la liturgia domenicale, come in occasione dei lavori di restauro e nuova pittura di tutto l’interno conclusisi nel 1996, e del terremoto del 1997, quando la chiesa rimase chiusa per qualche tempo.
Nel 1988-89 nella chiesa furono fatti lavori di consolidamento su progetto dell’ing. Guido Monaldi di Ancona ed eseguiti dalla Ditta Ragni Sandro di Pianello Vallesina.
Sul “campaniletto” della chiesa, ricostruito con essa, vi fu collocata, per volontà di Serafino Salvati, l’antica campana che però risulta non esserci più tra la seconda e la terza decade del Novecento. 11 30 dicembre 1926 infatti “la Giunta Municipale considerato: che fra gli oggetti di proprietà comunale si trovano alcuni mortai in bronzo fuori uso e inutilizzabili per qualsiasi servizio; che la locale Congregazione di Carità ne ha fatto richiesta quale contributo del Comune per dotare la Chiesa di S. Carlo, ad essa appartenente di un doppio di campane delle quali è completamente sprovvista”. E sono “n° 22 i vecchi mortai di bronzo esistenti nel magazzeno comunale ceduti gratuitamente”. [44] ASCMR, Delibere- della Giunta (1925-1926), 30 dicembre 1926, pp. 27-28.
I mortai erano stati inizialmente acquistati, verso la metà del Settecento, per fare spari in particolari occasioni di festa, come per la visita del vescovo o per la festa della Madonna di Loreto, [45] CECCARELLI RICCARDO, Monte Roberto. La terra, gli uomini e i giorni, cit., pp. 156-157. inutilizzati da decenni se ne decise la cessione per fare “un doppio di campane”.
La realizzazione delle campane, che furono effettivamente due, anche se una soltanto è sul piccolo campanile e il posto per un’altra non c’era, fu fatta qualche anno più tardi, nel 1931. Lo testimoniano le poche righe presenti sulla campana stessa:
DAL TITOLO
DI QUESTA CHIESA
FUI CHIAMATA
SAN CARLO
e
A CURA DEL PARROCO
DON VINCENZO CIARMATORI
E DEL POPOLO
A.D. MCMXXXI
Fonderia PASQUALINI
FERMO
Sulla campana vi è una piccola immagine di S. Carlo; serti di quercia, con figure di angeli, circondano la campana.
L’altra campana è sul campanile della chiesa parrocchiale di S. Silvestro; eloquenti a proposito sono le scritte che vi sono state fuse:
A CURA DEL PARROCO
DON VINCENZO CIARMATORI
E DEL POPOLO
A.D. MCMXXXI
Fonderia PASQUALINI
FERMO
e
NACQUI DAL BRONZO
CHE IL MUNICIPIO
DONÒ ALLA PARROCCHIA
E DAL NOME DEL SUO PROTETTORE
FUI CHIAMATA
SANT’ATANASIO
Sulla campana, come nella precedente, vi è la figura del santo di cui porta il nome, S. Atanasio; identici sono i serti di quercia con figura di angeli.
La Congregazione di Carità aveva ceduto al parroco don Vincenzo Ciarmatori i 22 vecchi mortai di bronzo: due infatti le campane realizzate dalla Fonderia Pasqualini di Fermo, quella per la chiesa di S. Carlo e l’altra per la chiesa parrocchiale, che comunque non nasconde la sua origine, “da bronzo che il Municipio donò alla parrocchia”.
La chiesa di S. Carlo per due secoli, il Seicento e il Settecento, fu sede e centro propulsore della Compagnia della Morte o Confraternita della Buona Morte, che aveva come scopo principale quello di essere vicino alle famiglie in occasione della morte di qualche congiunto, di fare suffragi, di offrire un segno di partecipazione al lutto. Il Libro della Compagnia della Morte ci offre qualche indizio di queste finalità oltre a dirci delle consuetudini e precisi rapporti che c’erano tra i membri della stessa confraternita.
Quando moriva qualcuno, la famiglia dalla confraternita riceveva una velettella in cambio di un’offerta, che rappresentava una delle poche entrate della confraternita stessa. La velettella era un pezzo di panno nero che veniva indossato dai famigliari per indicare lo stato di lutto. Fino a diversi decenni fa questo segno di lutto si portava per diverso tempo da parte dei congiunti del defunto, cucito sui vestiti. Una velettella nera, in segno di lutto, tuttora è presente sulla croce che precede la processione del Cristo Morto la sera del venerdì santo. La velettella poteva essere sostituita o chiamata anche fazzoletto o salvietta. [46] Archivio Parrocchiale S. Silvestro Monte Roberto, Libro della Compagnia della Morte del Castel di Monte Roberto, cit., c. 4v
Ecco alcune annotazioni desunte dal Libro della Compagnia della Morte: “Il 13 febraro 1636 per la morte de Francesco Reforza una velettella baiocchi quindeci”. [47] Ibidem, “item per la morte del detto una falcola de cera rossa”. “Una torcia e una velettella” nel 1644. [48] Ivi, c. 14v. Per la morte di Maria di Vendolino fu data il 13 agosto 1673 “una torcietta con alcune candelette et un pezzo di panno” [49] Ivi, c. 40v. Ancora una velettella e una salvietta il 4 ottobre 1677. [50] Ivi, c. 53v.
Nelle feste di Pasqua la Compagnia in processione si recava all’eremita, cioè al convento e alla Chiesa di S. Giacomo di Massaccio, ora Cupramontana, portando cera. [51]Ivi, c. 7r
Era consuetudine poi per i membri della confraternita recarsi il giorno di Pentecoste (Pasqua Rosa) presso la chiesa della Madonna del Trivio di Castelbellino, ora Pianello Vallesina, per prendere parte alla festa e alla processione. Nel 1647 furono “dati per carità alla Madonna del Trivio di Castel Bellino baiocchi quattro e quattrini due il sedici [giugno] Giorno di Pasqua Rosa essendoci andata la processione” [52]Ivi, c. 16r (1647); c. 48v (1682);c. 60r (12 giugno 1685); c. 74r (1692). Il 7 giugno 1688 si ha questa annotazione: “E più si è cavato dalla scattola vintotto baiocchi per andare alla Madonna del Trivio dati un quattrino per elemosina alla Fratelli per ciascheduno e al ritorno data una pagnotta e bere”. [53] Ivi, c. 154r. “Ventieuno baiocchi” si spendono per la processione del 1689, [54] Ivi, c. 161r. 6 baiocchi e due quattrini per quella del 1691. [55] In occasione della periodica nomina dei Priori della confraternita si era soliti distribuire grano ai poveri prendendolo dal magazzino del Monte Frumentario della stessa confraternita, previo l’autorizzazione definitiva del Vicario Generale del Vescovo che nel 1721 prescrive che “quelli che prenderanno detto grano siano ben instruiti nella Dottrina Cristiana e Misteri della fede e quando non siano instruiti debbono intervenire nella Dottrina siano qualsivoglia età e sesso, altrimenti non li si dia il detto grano”. {tooltip}[56] {end-texte} Ivi, c. 107v (27 aprile 1721).
APPENDICE
1. Risoluzione della Confraternita della Buona Morte per la ricostruzione
della chiesa di S. Carlo (1744)
In Dei Nomine. Amen Die 15 novembris 1744
Congregata etc. serv[ata] serv. [andis] in qua ect. Rev. D. Joseph Nicodemi
Vicarius Foraneus, ac infrascripti Petrus Piccioni, et Joannes Baptista Cucco
Priores exercentes, necnon infrascripti Confrates Antonius Tesei, Dominicus
Farotto, Dominicus Antonius Amatori, Franciscus Piccioni, Joannes Procicchiani,
Sebastianus Bimbo, Sebastianus Tesei, et Victorius Tesei, in qua per me alta, et
intelligibili voce lecta fuit sequens ect.
Per rifare la nostra Chiesa di S. Carlo diruta sino dalli 24 Aprile 1741 dal
terremoto si richiede la spesa di scudi 165.10 secondo la Perizia di Mastro
Francesco Lucarini, e Mastro Marco Boria Muratori da Castel Bellino. Però etc.
Tenore della Perizia
Al Nome di Dio. Amen. In Castel Bellino
Noi Francesco Lucarini, e Marco Boria da Castel Bellino suddetto di
professione Muratori, attestiamo, come per ordine de Priori della Venerabile
Compagnia della Morte di Monte Roberto Diocesi di Jesi nella Marca abbiamo
visitato la Chiesa di S. Carlo di detto castello di Monte Roberto, e l’abbiamo
riconosciuta, e ritrovata affatto diruta; onde secondo il nostro giudizio, e perizia
diciamo, che il tutto e per tutta la spesa in rifar la detta Chiesa di S. Carlo vi
possa andare come in appresso
Calce some ottanta, che con la conduttura, e altra porta la somma di scudi
ventiquattro ……24:00
Pietra cotta, o siano mattoni, coppi, e pianelle e trasporto scudi quarantotto, e baj.
Novantacinque, cioè
Mattoni 3000 scudi 12:00
Pianelle 2500 scudi 10:00
Coppi 3000 scudi 21:00
Trasporto, o sua careggio scudi 0:95
Legnami per il tetto scudi quattordici, e baj quindeci, cioè per
Torzotti n.° 3 a dieci paoli, e mezzo l’uno scudi 03:15
Sestacchine n° X a sette paoli, e mezzo l’uno scudi • 07:50
Mezzi murali n° 70 a paolo mezzo l’uno scudi 03:50
Per coppe 200 di cesso, compresaci la volta del Coretto scudi 10:00
Ferro per chiavi, caviglie per li cavalli, e chiodi scudi 03:00
Per opere di Muratori, e Facchini scudi 50.00
Che tutta la spesa potrà ascendere a scudi 165:10
Tanto attestiamo secondo la nostra Perizia, e tanto diciamo andarà la spesa
nella riedificazione, e dilazione che si pretende di fare della Chiesa -di S. Carlo
spettante come avemo detto alla Venerabile Compagnia della Morte di Monte
Roberto Diocesi di Jesi ed avemo detto, in segno di tal verità per non sapere
scrivere, non solamente avemo pregato il Sacerdote D. Sante Cavalieri a scriverci
la presente nostra perizia; ma ancora segnamo rispettivamente col segno di croce
fatta di nostra mano
Croce + di Mastro Francesco suddetto
Croce + di Mastro Marco suddetti
Io Santi Cavalieri di commissione mano propria.
Super qua Propositione Victorius Thesei unus ect. Surgens dixit: “In onore di
Dio, e di S Carlo stimo bene la riedificazione della Chiesa nel miglior modo
possibile, e perché la nostra Compagnia non à altro assegnamento per la spesa
necessaria che di esitare le quercie esistenti nei suoi Terreni, dirrei di dare
l’incumbenza alli Priori esercenti di considerarle, o farle considerare da altre
persone capaci, e giudicandosi la valuta di esse sufficiente per la spesa descritta
dalli suddetti Muratori, li predetti Priori doveranno supplicare Monsignore
Illustrissimo Vescovo per la licenza d’incominciare la fabrica con la vendita di
una porzione di dette quercie non eccedente il prezzo di scudi 50, et in altro tempo
risupplicare Sua Signoria Illustrissima per la permissione di proseguire la fabrica
con altra simile vendita non eccedente come sopra sintanto che etc. altrimenti
superando la speda e l’alienazione la somma di scudi 50, si richiede a mio parere
la licenza di Roma.
Posto a partito il detto di Vittorio fu approvato a pieni voti, come al margine etc.
Et post gratiarum actiones dimissa fuit etc.
Ita. est Ego Joseph de’ Nicodemis Vicarius Foraneus
Philippus Mazzini Cancellarius Foraneus
(Archivio Parrocchiale S. Silvestro Monte Roberto, Libro della Compagnia della
Morte del Castel di Monte Roberto, c. 127 r/v).
2. Lettera del Vicario Generale sulle modalità della ricostruzione (1749)
Al Molto Reverendo signore mio osservantissimo
Il Signor Don Giuseppe Nicodemi Vicario Foraneo di Monte Ruberto
Molto Reverendo Signor mio osservantissimo
Attese le premure mi si fanno per la riedificazione della Chiesa di S. Carlo di
codesto luogo, sarà Vostra Signoria contenta d’intimare la Congregazione dei’
Fratelli della Compagnia della Morte, e nella medesima proporre la detta
riedificazione da eseguirsi a giornate, e non a cottimo, e qual ora per voti segreti
venga da Congregati abbracciato tal partito, dovrà essa inoltre far eleggere dalla
medesima Congregazione due o più deputati del ceto della medesima, che restino
caricati della soprintendenza della detta fabbrica, e di tutto ne avvanzerà poi a me
esatto riscontro, acciocché in seguito possa inviarle gli ulteriori nostri ordini ad
effetto che venga della Chiesa redificata com’è dovere, e con quei maggiori
vantaggi, che potranno procurarsi al Luogo pio, e le prego dal Signore ogni più
perfetta felicità.
Jesi 24 Marzo 1749
Affezionatissimo per servirla sempre di cuore
S. Lauzi Vicario Generale
(Archivio Parrocchiale S. Silvestro Monte Roberto, Libro della Compagnia della
Morte del Castel di Monte Roberto, c. 137v).
3. Risoluzione definitiva della Confraternita del SS. Sacramento e Rosario e
capitolato con la Famiglia Salvati per la ricostruzione della chiesa di S. Carlo
(1825)
Al Nome di Dio. Amen
Governo Ponteficio. Delegazione Apostolica di Ancona
Monteroberto 11 Decembre 1825
Convocata, ed adunata la presente Congregazione della Venerabile
Confraternita del SS.mo Sagramento, e Rosario di Monteroberto per ordine
dell’Eminentissimo Signor Card. Pacca Prefetto della Sacra Congregazione de’
Vescovi, e Regolari dei 23 Settembre passato diretto all’Eminentissimo Signor
Card. Cesarei Leoni Vescovo di Jesi, e quindi comunicato a questa medesima
Confraternita, presieduta dal Molto Reverendo Signor D. Paolo Breccia, Vicario
Foraneo, dai Priori odierni, Arcangelo Scarabotti, Pacifico David, Silvestro
Agostinelli e Giuseppe Carbonaro, non meno, che dagli infrascritti Fratelli, Signori
Priore Domenico, Cialone Antonio, Archetti Domenico, Barcaglioni Pasquale,
Cerineo Arcangelo, Lucarino Agostino, Brusco Giuseppe, Cesarone Antonio,
Ruggieri Lorenzo, Amatori Gioacchino, Moretti Giuseppe e da me Cancellier
Foraneo, in cui fu fatta la seguente
Proposta.
Sotto il di 7 Agosto passato si convocò, ed unì questa Congregazione per
risolvere ciò, che doveva farsi in merito alla ricostruzione della cadente Chiesa di
S. Carlo Succursale di questa Parrocchia. La stessa Congregazione trovandosi
sfornita de’ mezzi per eseguire l’impresa, co discese a maggioranza di voti
favorevoli, che questa venisse rifabbricata dalla Famiglia dei Signori Salvati, per
quale si era offerto il Signor Serafino di ricostruirla a proprie spese con diverse
condizioni espresse in essa Congregazione sotto quindici Articoli, che nella
medesima Congregazione si leggono riportati.
Sotto il giorno 28 di detto mese di agosto con Decreto del’Eminentissimo
signor Cardinale Cesarei Leoni Vescovo di Jesi fu approvata la riferita
congregazione in tutte le sue parti, con la riserva, che per i diritti richiesti agli
articoli 5, 6, 7 e 8 si dovesse ottenere il Beneplacito Apostolico come apparisce
dal Decreto medesimo.
Fatto perciò ricorso alla S. Congregazione de’ Vescovi, e Regolari, mediante
istanza del Sig. Serafino Salvati di questo luogo, detto S. Consesso con il suddetto
venerato dispaccio 23 Settembre perduto ha prescritto, che si sentano i Confratelli
canonicamente adunati, ed il Parroco per aversene le relative deduzioni soprattutto
ciò, che qui appresso si ripete.
La Santa Memoria di Papa Pio Settimo nell’udienza dei due luglio 1823,
concedeva a questa Venerabile Confraternita del SS.mo Sagramento, di
Monteroberto in perpetuo la proprietà della piccola casa esistente all’interno di
questo Comune in Contrada Piazzola, la quale una volta apparteneva alla soppressa
Opera Pia delle Anime Purganti di Monteroberto, alla presente tenuta a nolo a
Paolo Bertni ad oggetto di demolirla, e ricostruire nel sito della medesima la
Chiesa cadente di S. Carlo, che è succursale della Parrocchia di quesito Luogo,
ed un nell’interno del Paese.
Monsignor Tesoriere Generale con ordinanza diretta alla Generale
Amministrazione de’ Beni Ecclesiastici, e Comunitativi di Macerata dei 5 Luglio
823, n°4177 Computisteria Generale Divisione 5, mandò ad effetto tale Sovrana
beneficenza, prescrivendo a detta Amministrazione, che fosse tenuta all’atto
formale della Cessione suindicata, conforme esegui con verbale autentico del 4
aprile 1824; onde si disponeva per parte della Confraternita la rifabrica
dell’enunciata Chiesa Succursale di S. Carlo. La nominata Confraternita però,
come ognuno de’ Fratelli conosce, non ha mezzi, né può sperare risorse per
sostenere la spesa di un’opera, per la quale non può calcolarsi una spesa minore
della riflessiva somma di scudi 120. Molto meno può contare la Confraternita
suddetta sull’entrate certe dell’anno, le quali non superano gli scudi 18 circa, non
sono perciò bastanti neppure a sostenere le spese annuali, e molto meno può
lusingarsi sui prodotti eventuali, perché o non si verificano nel decorso di ciascun
anno, o sono di leggerissima entità, e di quasi impercettibile considerazione.
Vista pertanto l’enunciata Confraternita l’impossibilità di poter mandare ad
effetto una tale impresa, oggi si è offerto il Sig. Serafino Salvati di Monteroberto,
e sua famiglia, proponendo di rifabricare la detta Chiesa di S. Carlo a sue spese,
con i seguenti patti, capitoli, e condizioni.
1. La Famiglia Salvati rifabbricherà la detta Chiesa di S. Carlo, o nel sito della
Casetta ceduta dal Governo, o poco sopra, o poco sotto la medesima, giacché
l’accennato Sig. Serafino Salvati è proprietario delle case, ed orti tanto al di
sopra, quanto al di sotto della indicata Casetta.
2. Detta Chiesa sarà all’incirca simile nella grandezza alla Chiesa attuale, rifinita
internamente a stucco bianco, con un Altare isolato, collocandovi il quadro
attuale di S. Carlo, dipinto dal Sarti, giacché la nuova Chiesa dovrà mantenere
lo stesso titolo di S. Carlo.
All’esterno la Chiesa dovrà essere rabboccata a pietra scoperta con calce,
secondo l’arte. Dovrà nella nuova Chiesa esservi il Campaniletto nel modo,
come ci sta al presente, e dovrà ricollocarvisi l’attuale campana.
La ridetta nuova Chiesa dovrà rimanere in perpetuo al publico culto, come lo
è al presente, ed è stata in passato.
3. La Confraternita del SS.mo Sagramento suindicata di Monteroberto riterrà in
diritto perpetuo di proprietà di essa Chiesa di S. Carlo di modo, che ultimata
che sia a null’altro sarà tenuta la detta Famiglia Salvati.
4. La indicata Chiesa continuerà ad essere Succursale della Parrocchia, come lo
è stata fino al presente anche quella da demolire, tale essendo stata anche
dichiarata dalla S. Memoria di Papa Pio Settimo nel Rescritto sunnominato
due luglio 1823.
5. In corrispettiva, ed in benemerenza di tale spesa, il Sig. Serafino, e Famiglia
Salvati richiede il permesso, e vuole il diritto di costruire in detta nuova Chiesa
un Coretto in quella parte, che più le piacerà, e che possa entrarvi dalle Case
di pertinenza del riferito Sig. Serafino Salvati tanto fabbricate, e che potessero
fabbricarsi in appresso, giacché come si è detto, la nuova Chiesa rimarrà tra i
propri beni con facoltà e però di attaccare le stesse Case a detta Chiesa, senza
che la Confraternita possa giammai pretendere alcun diritto per causa di
appoggio, o compenso, di modo che la detta Famiglia debba sempre, ed in
ogni tempo, godere del mezzo muro da ambedue i lati, giacché la Chiesa
stessa trovarassi in contatto con le dette fabriche, e Beni Salvati. Al Sig. Serafino
Salvati, e sua Famiglia, sarà vietato, e giammai potrà fabricare sopra il tetto
della nuova Chiesa; avrà però il diritto di sorpassare la Chiesa stessa con uno,
o con ambi gli accennati muri laterali, ma in questo caso la Famiglia Salvati
dovrà subito incominciare ad avere il peso del mantenimento di uno, o dei
due muri, che avranno superato il tetto della Chiesa medesima.
6. Che i sotterranei di detta Chiesa debbano essere perpetuamente di privata
proprietà di detta Famiglia, da convertirsi in usi decenti, e convenevoli, con le
necessarie comunicazioni laterali al di sotto del pavimento della Chiesa, pei
quali sotterranei avrà l’obbligo del mantenimento della Fabrica in proporzione,
a tenore di stile, e di legge.
7. Che in detta Chiesa di S. Carlo possa la divisata Famiglia Salvati tenere una
credenza, anche infissa al muro, per conservarsi i supellettili di loro proprietà
per uso della S. Messa.
8. Che debba avere, e ritenere la detta Famiglia Salvati perpetuamente una chiave
della porta d’ingresso di detta Chiesa, simile a quella, che dovrà ritenersi
della Confraternita del SS.mo Sagramento, e Rosario, abile ad aprirla, e
chiuderla, onde possa andarvi ad orare, e celebrarvi, o farvi celebrare la S.
messa, a comodo proprio, ed anche del popolo.
9. Restano ceduti, come si è detto, i diritti di Padronanza, e la perpetua proprietà di
tal Chiesa alla nominata Compagnia del SS.mo Sagramento, ed in conseguenza
di valersi della medesima, anche nelle Processioni generali del Paese, onde farvi
vestire, e spogliare tutti i Fratelli non solo di essa Compagnia, ma di qualunque
altra, che potesse porsi in piedi in avvenire, e di quelle dei vicini Paesi nelle
circostanze, che venissero invitati per qualunque festa tra l’anno.
10. La stessa Chiesa di S. Carlo dovrà sempre, ed in perpetuo conservare i diritti
di Chiesa Succursale della Parrocchia, senza lesione dei diritti della Parrocchia
medesima.
11. La Confraternita del SS. Sagramento, e Rosario, in conseguenza dovrà cedere
in perpetuo alla Famiglia Salvati la Casetta enunciata col di lei Fondo, ed
annessi, e così tutte le macerie della Chiesa attuale di S. Carlo, i legnami in
essa esistenti, e tutt’altro alla medesima aderente.
12. Il fondo, su cui al presente è fabricata la detta Chiesa di S. Carlo sarà ceduto
dalla Compagnia in beneficio della Comunità, onde ingrandire con esso la
Piazzetta, su cui esiste, senza poterci mai più fabricare.
13. Saranno ceduti dalla indicata Compagnia alla Famiglia Salvati gli scudi 18
che sono stati promessi dalla stessa Comunità con approvazione del Buon
Governo, ad oggetto di rifabricare la detta Chiesa a norma dell’ordinanza
della Delegazione d’Ancona dell’8 Giugno 1825 n° 5150, dovendo tal somma
andare in diminuzione della spesa, di cui si carica la detta Famiglia Salvati.
14. Ad oggetto di riparare la vicina caduta di essa Chiesa, sia lecito alla Famiglia
Salvati di demolirla appena ottenuta la superiore approvazione, perché
cadendo andarebbero in rovina, non solo l’armato dei legnami, ma ancora
tutti i materiali del tetto. In questo caso la Famiglia Salvati si obliga di
rifabbricarla entro un anno, in modo di potersi officiare, e rifinirla del tutto,
entro due anni.
15. La detta Famiglia Salvati avrà il diritto di poter costruire in detta Chiesa un
altare laterale a sue spese, e sotto qualsivoglia titolo; e ciò possa farlo o
nell’atto, che si fabrica detta Chiesa, o in avvenire a suo piacimento; ed in tal
caso l’altare, sarà in perpetuo della stessa Famiglia, e così il peso del di lui
mantenimento.
Sopra le quali proposizioni, ed articoli levatosi in piedi il Sig. Gioacchino Amatori,
eletto consultore, così. disse:
«Dalla proposizione, e suoi articoli ognun conosce quali vantaggi produce l’opera
e per questa Compagnia, e per il popolo, e pel sussidio della Parrocchia. Non
sembrano gravose le condizioni, con le quali la Famiglia dei Sig.ri Salvati si va a
caricare di una spesa, che giammai può sostenere questa Confraternita, non ostante,
che esigga la necessità, ed il diritto di soccorso parrocchiale di averla
continuamente officiabile. Sono quindi di fermo parere, che questa Confraternita
approvi in tutta la estensione il progetto, e le condizioni sud descritte, come utili
per ogni, e qualsivoglia rapporto; e però si mandi il tutto complessivamente a
partito con il Capitolato, e tutt’altro, che può meritare particolare menzione su
quest’oggetto, e riportando la maggioranza de’ voti favorevoli s’intenda per parte
di questa Congregazione approvato, salva la sanzione dell’Eminentissimo Cesarei
Leoni Cardinal Vescovo di Jesi, e della Congregazione de’ Vescovi e Regolari,
dopo la quale l’atto presente sarà autenticato mediante pubblico Istromento da
stipularsi a tutte spese della nominata Famiglia Salvati».
Tutti gli altri Sig.ri Fratelli, e Priori congregati si sono uniformati al parere del
nominato consultore conservandosi nel loro silenzio.
Quindi raccolti i voti si è deciso a maggioranza de’ medesimi, che il Sig.
Serafino Salvati, e sua Famiglia rifabrichino la riferita Chiesa Succursale di S.
Carlo, mantenute sempre vicendevolmente le enunciate condizioni, dopo le
opportune sanzioni superiori, avendo l’oggetto riportato voti favorevoli diciassette,
contrari uno come in margine.
E rese le dovute grazie al Cielo, fu dimessa la Congregazione.
Seguono le firme
Paolo Pievano Breccia Vicario Foraneo mano propria
Filippo Salvati Cancelliere Foraneo mano propria
(Archivio Parrocchiale S. Silvestro Monte Roberto, Congregazioni della
Confraternita del SS. Sacramento e Rosario (1737-1826), cc. non numerate).
Riccardo Ceccarelli